Il copione è quello che ci aspettavamo, finalizzato a coprire la casa regnante saudita, a mostrarla estranea all’assassinio di Jamal Khashoggi e a mandare a patibolo solo chi ha eseguito gli ordini. Al termine di “accurate” indagini la procura di Riyadh ha annunciato ieri di aver accertato la completa estraneità dai fatti del principe ereditario Mohammed bin Salman. A ordinare l’uccisione del giornalista dissidente – avvelenato con una dose letale di droga, il cadavere è stato poi smembrato – lo scorso 2 ottobre nel consolato saudita di Istanbul non è stato il potente rampollo reale, tante volte preso di mira dagli editoriali firmati da Khashoggi sul Washington Post. A pianificare tutto, secondo il procuratore Saud al Mojeb, è stato il capo (non identificato) del team saudita inviato a Istanbul per «convincere» il giornalista a «rientrare» in Arabia saudita. L’uomo resosi conto della impossibilità di portare a termine il suo incarico ha deciso di eliminare Khashoggi. Al Mojeb chiederà la pena di morte per cinque persone.

Questa versione a dir poco inverosimile – proprio Riyadh in precedenza aveva parlato di premeditazione – si è arricchita ieri della interpretazione del ministro degli esteri saudita Adel al Jubeir pronto ad assicurare che quelli coinvolti saranno indagati e processati. «A volte gli errori accadono» e «a volte le persone agiscono al di là della loro autorità», ha affermato con volto contrito. A scrivere la parola fine a questo testo teatrale è poi arrivata, deus ex machina, l’Amministrazione Trump che, attraverso il Dipartimento del Tesoro, ha annunciato sanzioni contro tutte le proprietà o gli interessi che 17 sauditi detengono negli Usa. Spicca il nome di Saud al Qahtani, alto funzionario del governo saudita.

È assurdo credere all’innocenza di Mohammed bin Salman perché al Qahtani è stato il braccio destro e talvolta l’ispiratore del principe. Ma le conclusioni dell’indagine saudita offrono all’Amministrazione Usa il modo di chiudere la vicenda e di continuare i rapporti con Mohammed bin Salman, elemento centrale nei disegni di Washington in Medio oriente. Conclusioni che invece non soddisfano la Turchia. «Troviamo i passi sauditi positivi ma insufficienti» ha detto il ministro degli esteri turco, Mevlut Cavusoglu. «Dicono che certe persone hanno commesso l’omicidio dopo che Khashoggi ha resistito ai tentativi di riportarlo nel loro paese. Ma smembrare un corpo – ha sottolineato Cavusoglu – non può essere fatto senza preparazione e strumenti adatti».