C’è un posto a Roma dove rifugiati e richiedenti asilo hanno trovato una casa. Sono quasi tutti del corno d’Africa e nel cuore di Roma, a Piazza Indipendenza, pochi metri dalla Stazione Termini, da alcuni mesi hanno occupato un grande stabile. Ieri mattina sono tornati a protestare bloccando la strada. Da cinque giorni senza luce e con l’acqua corrente fredda e a singhiozzo – come ha descritto su Repubblica Carlo Picozza – hanno chiesto che l’Acea venga il prima possibile ad aggiustare il guasto. Dopo pochi minuti è arrivata la celere, qualche momento di tensione, la rassicurazione di un intervento per ripristinare la corrente elettrica e tutto torna alla normalità. «Per ogni cosa qua dobbiamo fare casino», raccontano i ragazzi all’ingresso, pochi parlano italiano, quasi tutti se la cavano con l’inglese.

Gli occupanti da mesi chiedono di essere ascoltati, sono scesi in piazza e assieme ai movimenti per il diritto all’abitare hanno avviato un tavolo di confronto con le istituzioni locali e la prefettura.

In visita ieri c’era anche il deputato democratico Khalid Chaouki, che dopo essersi chiuso nel Cie di Lampedusa è diventato uno dei pochi punti di riferimento istituzionali per le battaglie dei migranti. «Sono venuto a vedere di persona la situazione – racconta mentre passeggiamo tra gli ex uffici dell’Ispra, l’Istituto per la protezione ambientale, al buio con la sola luce dei fari dei cameraman – Non è possibile che queste persone vivano in tali condizioni, senza corrente da cinque giorni, assistiti solo dalla Caritas che fornisce loro cibo e coperte. Parlerò con il sindaco Marino e il prefetto per capire cosa si può fare, in qualità di parlamentare ma anche come membro della segreteria romana del partito democratico. Qui sono tutti richiedenti asilo o rifugiati, sono soggetti deboli il cui status è riconosciuto e tutelato, hanno il diritto di essere accolti». «Questa struttura – riconosce Chaouki – nel bene nel male rappresenta una risposta di un tetto per queste persone e dobbiamo lavorare per renderla più vivibile. Ogni ipotesi di sgombero qualora fosse all’ordine del giorno va scongiurata».

Dalla prefettura parlano di una situazione «difficile da censire», in cui «non si sa esattamente chi ci sia e con che titolo, quanti rifugiati, quanti richiedenti asilo, al di là delle dichiarazioni generiche», confermando però l’impegno a «sanare la situazione» e a «proseguire il dialogo». Il ministero dell’Interno ha chiesto poi al prefetto di Roma, e non solo, di «individuare dei siti per un nuovi centri di accoglienza per richiedenti asilo». In molti però non vogliono chiedere lo status di rifugiato in Italia. Hanno altre mete in mente, magari per raggiungere dei parenti Oltralpe, in Germania o in Inghilterra; il regolamento europeo Dublino II li costringe invece a rimanere nel paese dove la domanda viene presentata. Altri hanno ottenuto lo status di rifugiati e a quel punto vengono di fatto abbandonati a se stessi, estromessi dai circuiti dell’assistenza.

Sono circa quattrocentocinquanta gli occupanti di Piazza Indipendenza, molti tornano solo sera per riposare, c’è sempre un gran via vai. Sono battaglieri nonostante la stanchezza: la volontà di emersione è la molla più forte, molte altre occupazioni simili sono nate ai bordi della città sgomberate in poche settimane o giorni. Ora che sono qua è difficile girare lo sguardo o risolvere «il problema» con le camionette.