I responsabili del massacro del Garissa University College di giovedì scorso (148 le vittime) non sono più presunti tali – a 48 ore dalla strage – ma dichiarati.

Con un messaggio rivolto al popolo keniota inviato via email all’agenzia Reuters in Somalia, il gruppo islamista Al-Shabaab, affiliato ad Al-Qaeda, ha rivendicato l’attacco come vendetta alla presenza dell’esercito keniota in Somalia e il maltrattamento dei musulmani in Kenya e ha minacciato nuove azioni: «Nessuna precauzione o misura di sicurezza sarà in grado di garantire la vostra sicurezza, di sventare un altro attacco o di prevenire un altro bagno di sangue nelle vostre città». «Scorrerà il rosso del sangue». «Sarà una lunga orribile guerra e voi, gente del Kenya, siete le prime vittime».

Nella stessa giornata di sabato, atteraverso un tweet Mwenda Njoka – il portavoce del Ministro dell’Interno – ha reso noto che le forze di sicurezza hanno fermato 5 persone sospettate di essere coinvolte nell’attentato al campus universitario.

Due di queste, una guardia di sicurezza dell’università, Osman Ali Dagane, e un uomo della Tanzania, Rashid Charles Mberesero, sono state arrestate presso il college, mentre gli altri tre, tutti del Kenya ma di origini somale, sono stati bloccati mentre cercavano di fuggire in Somalia. Questi ultimi si presume che abbiano coordinato l’attacco insieme a Mohamed Kuno, secondo la polizia uno dei leader locali degli Al-Shabaab, precisamente nella regione di Juba e responsabile delle operazioni esterne contro il Kenya.

Mohamed Mohamud alias Sheik Dulayadayn
Mohamed Mohamud alias Sheik Dulayadayn

L’uomo sarebbe noto anche con altri differenti alias, tra cui Mohamed Mohamud, Mohamed Dulyadin e Gamadheere. Kenyano, ex insegnante e ex preside della Madarasa Najah di Garissa, sarebbe entrato a far parte del gruppo jihadista somalo già nel 2000, all’epoca dell’ Islamic Courts Union (Icu) prima ancora cioè che gli Al-Shabaab, nel 2006, si separassero come ala indipendente dall’Icu.

Kuno è ricercato dal dicembre 2014 per l’attacco di Mandera (64 vittime) e da pochi giorni su di lui pende una taglia di 215 mila dollari perché considerato la mente dell’attacco al college universitario di Garissa. Tuttavia, riguardo alle promesse del governo e alle misure adottate per contrastare le azioni terroristiche, non solo i residenti ma gli stessi media locali esprimono forte scetticismo: «Le solite rassicurazioni secondo cui la sicurezza è stata potenziata e le perlustrazioni intensificate sono diventate vane», ha scritto il Daily Nation, il più venduto quotidiano, nell’editoriale di sabato.

Quanto alla stampa locale c’è da aggiungere che la copertura dell’attacco da parte dei media kenioti è stata molto cauta, quasi imbavagliata dalla nuova e discussa legge anti-terrorismo che tra le altre cose vieta la pubblicazione di foto che potrebbero alimentare paure tra la gente. Oltre alle forti critiche di questi giorni per non aver saputo dar seguito agli allarmi dell’intelligence su imminenti attacchi terroristici alle università, l’amministrazione di Uhuru Kenyatta dovrà fare i conti con una certa radicalizzazione tra i musulmani, che costituiscono circa il 10% di una popolazione di 44 milioni di abitanti. Gli arresti indiscriminati di massa da parte della polizia contro la popolazione somala del Kenya non farebbero altro che acuire e estremizzare il malcontento di questa minoranza della popolazione.

A novembre scorso, l’attacco all’autobus diretto a Nairobi a circa 30 chilometri da Mandera fu rivendicato dagli Al-Shabaab «come vendetta per i crimini commessi dai crociati del Kenya contro i nostri fratelli musulmani di Mombasa». I crimini in questione erano gli arresti seguiti alle incursioni della polizia kenyota nelle 4 moschee di Mombasa (Musa, Sakina, Minaa e Swafaa), chiuse perché secondo le autorità sarebbero sotto il controllo di predicatori radicali legati ad Al-Shabaab.

Il governo keniota insomma è sotto pressione e con questo si spiega probabilmente anche la macabra trovata di esporre ieri i corpi gonfi dei quattro presunti jihadisti, uccisi dalla polizia, davanti a circa 2000 persone in un’area aperta nel centro di Garissa, trasportati a passo d’uomo su un pick up nella speranza che qualcuno potesse identificarli
Intanto, alcuni veicoli con targhe diplomatiche statunitensi sono stati visti entrare sabato nel campus, lasciando presumere che l’Fbi possa partecipare all’inchiesta, come del resto è già accaduto dopo l’assalto spettacolare degli Al Shabaab contro il Westgate Shopping Mall di Nairobi nel settembre del 2013.