Un commando di miliziani di Al-Shabaab ha fatto irruzione all’alba di giovedì nel campus universitario del Garissa University College (nel nord-est del Kenya a circa 150 km dal confine con la Somalia) ed è rimasto asserragliato all’interno dell’edificio dopo uno scontro a fuoco con le forze di polizia locali che hanno circondato l’area. Il bilancio provvisorio sarebbe di almeno 70 morti, circa 79 feriti e un numero imprecisato di ostaggi.

Nel corso di una conferenza stampa appena terminata – mentre scriviamo – tenutasi a Garissa, il ministro dell’Interno keniota Joseph Nkaissery ha reso noto che circa 500 studenti degli 815 ospitati dal college risponderebbero all’appello e quattro miliziani di Al-Shabaab sarebbero stati uccisi. Tuttavia, «l’operazione è in corso, può succedere di tutto».

Il coprifuoco è stato imposto nelle contee di Garissa, Wajir, Mandera e Tana River al confine tra Kenya e Somalia. Non è chiaro però quanti studenti siano ancora tenuti in ostaggio all’interno dell’Università.

Non è altresì chiaro quanti studenti in totale erano sul posto al momento dell’attacco. Il Kenya National Disaster Operation Centre starebbe cercando di risalire al numero esatto dei presenti con l’aiuto del personale universitario sopravvissuto.

Durante l’assedio, gli studenti sarebbero stati fatti sdraiare per terra e suddivisi in due gruppi, cristiani e musulmani. I cristiani sarebbero stati uccisi o tenuti in ostaggio e i musulmani liberati. Questo quanto si apprende dalle prime testimonianze di alcuni studenti riusciti a scappare riportate da diverse agenzie. Secondo il quotidiano sudafricano News24, alcuni degli ostaggi sarebbero stati decapitati. Una nota diffusa dal ministero dell’Interno e fonti della polizia locale riferiscono che tre dei quattro edifici del dormitorio sono stati evacuati e che i miliziani jihadisti sarebbero stati isolati all’interno di uno solo. Il gruppo islamista al-qaedista somalo Al Shabaab aveva rivendicato l’attacco già in mattinata attraverso lo sceicco Abdiasis Abu Musab, portavoce per le operazioni militari dei miliziani: «Abbiamo rilasciato i musulmani, teniamo gli altri in ostaggio.

Ci sono molti cadaveri di cristiani all’interno dell’edificio. Lo scontro è ancora in corso all’interno del college». Un altro portavoce degli Al Shabaab, lo sceicco Ali Mohamud Rage aveva dichiarato in una telefonata all’agenzia Afp che «Il Kenya è in guerra con la Somalia, i nostri uomini sono ancora dentro e combattono, la loro missione è quella di uccidere coloro che sono contro gli Shabaab». Il riferimento è all’operazione militare lanciata dal Kenya nel 2011 in Somalia. Il presidente del Kenya Uhuru Kenyatta ha reso noto che il reclutamento di 10.000 nuovi agenti di polizia sarebbe stato accelerato dopo l’attacco all’Università di Garissa, aggiungendo: «Abbiamo sofferto inutilmente a causa della carenza di personale di sicurezza».

Eppure, circa una settimana fa l’intelligence aveva diffuso un allarme su possibili attacchi terroristici contro le università. Ma le misure di sicurezza erano state adottate principalmente in tre atenei di Nairobi. La città Garissa sede dell’unica università della regione – che, fondata nel 2011, ospita centinaia di studenti provenienti da diverse aree del Paese – è già stata teatro di attacchi negli ultimi anni. Attacchi intensificatisi in diverse parti del Paese a partire proprio dall’intervento armato del Kenya del 2011 in Somalia nell’ambito dell’«Operation Linda Nchi» ( Defend the Coun–try ) contro gli Al Sha–baab in difesa degli interessi – non solo turistici – del Kenya e dei suoi alleati nella zona di confine con la Somalia. Il gruppo, inserito nella lista delle organizzazioni terroriste tanto dalla Gran Bretagna che dagli Usa, a partire proprio da quella che è ritenuta un’invasione militare dell’esercito keniota su suolo somalo, si è reso responsabile di molti attacchi in Kenya.

Uno dei più sanguinosi rimane probabilmente quello del settembre 2013, quando un commando di miliziani fece irruzione in uno dei più prestigiosi centri commerciali di Nairobi – il Westgate Shopping Mall – uccidendo circa 67 persone. Uno dei più spettacolari dopo quello all’ambasciata americana della capitale nel 1998 (più di 200 i morti) e quello del 2002 contro un hotel di proprietà israeliana.