«Jean Renoir disse che con La grande illusione intendeva fermare la seconda guerra mondiale. Anni dopo constatò che il film era stato un terribile fiasco, proprio perché non era riuscito a impedire quella tragedia». A raccontare la «delusione» del regista francese è Aki Kaurismaki, a Berlino per presentare il suo The Other Side of Hope, una commedia in cui il protagonista, Khaled, è un ragazzo siriano fuggito da Aleppo e in cerca di una nuova vita in Finlandia. «Il cinema purtroppo non ha tutta l’influenza sul mondo in cui sperava Renoir» – prosegue il regista – ma se con il mio film potrò convincere anche solo tre persone che siamo tutti esseri umani, e che un domani il rifugiato potrebbe essere uno di noi, mi basterebbe».

Con The Other Side of Hope la speranza di Kaurismaki era proprio di far cambiare punto di vista ai suoi «compatrioti» sulla tragedia dei rifugiati: «Tutti devono avere un sogno, e questo è il mio». Di recente in Finlandia sono arrivati circa 30 mila profughi iracheni, racconta infatti il filmmaker, e «molti giovani – ma anche vecchi – finlandesi l’hanno vista come un’invasione, una guerra. Come quando i russi hanno provato a invaderci molti anni fa».

«L’atteggiamento nei loro confronti è stato intollerabile – continua – le persone avevano paura che avrebbero rubato la loro macchina nuova, o magari la cera con cui la lucidano, o anche solo la spazzola con cui passano la cera. Ad ogni modo, pensano, ruberanno qualcosa». Alla conferenza stampa qualcuno lo provoca: «Cosa pensa dell’islamizzazione dell’Europa?». Kaurismaki fa finta di non capire, e scherzando chiede: «L’islandizzazione dell’Europa? È vero che la squadra islandese è arrivata agli ottavi di finale ai mondiali di calcio, ma non credo questo significhi che l’Islanda conquisterà il continente europeo».

Ma poi torna serio: «Non vedo nessuna islamizzazione dell’Europa, solo il normale cambiamento ed evoluzione della cultura di cui credo abbiamo bisogno» – e continua a parlare della crisi dei migranti che era al cuore anche del suo film precedente, Miracolo a Le Havre. L’indifferenza o l’ostilita verso i rifugiati, sottolinea: dice infatti: «Sono un crimine contro l’umanità». Per quanto riguarda l’Europa, oggi così fragile, Kaurismaki osserva invece che nel corso dell’ultimo secolo nonostante le tragedie che lo hanno attraversato il nostro continente si stava avvicinando a una forma di: «Organizzazione democratica».

Ora invece: «Tutto sta andando in pezzi, e la nostra cultura democratica sembra essere nient’altro che un granello di polvere sulle nostre spalle, di cui siamo pronti a liberarci facilmente». Per questo il regista finlandese dice di rispettare la cancelliera tedesca, Angela Merkel: «L’unica politica alla quale sembra perlomeno interessare il problema dei rifugiati».

«Settant’anni fa in Europa c’erano 60 milioni di profughi – conclude Kaurismaki – all’epoca li abbiamo aiutati, oggi invece li consideriamo nemici. Ma se non ci comportiamo in modo umano come possiamo continuare a esistere? Se non siamo umani, allora cosa siamo?».