Dopo quasi due mesi dalla morte di Burhan Muzaffar Wani, il giovane comandante del gruppo armato separatista kashmiri Hizbul Mujahideen ucciso dall’esercito indiano, la valle del Kashmir continua a bruciare. La normale e ordinaria vita dei cittadini si è interrotta e il bilancio è ormai tragico: 72 morti e 7.000 feriti causati dagli scontri con i militari indiani, percepiti a tutti gli effetti come le forze di un’occupazione straniera. Le strade sono deserte, i soldati sono l’unica, ma costante, presenza e le serrande dei negozi chiusi accompagnano i passanti con graffiti che fungono da sottotitoli di quest’estate: «Burhan è il...