Nessuna rivendicazione ma in molti vedono nei nuovi attacchi la mano jihadista della nuova formazione Tahrir al-Sham, guidata dall’ex al Nusra.

Dopo l’attentato di sabato a siti religiosi sciiti (72 morti), ieri due kamikaze hanno insanguinato di nuovo Damasco. Il primo si è fatto saltare in aria di fronte al Palazzo di Giustizia a Hamidiyeh, sede di un grande mercato cittadino: 30 morti e 100 feriti. Il secondo ha detonato la cintura esplosiva in un ristorante a Rabweh: al momento non si conosce il bilancio delle vittime.

Preoccupa l’incremento di attentati nella capitale, una possibile nuova strategia delle opposizioni islamiste sconfitte ad Aleppo e relegate a Idlib. Intanto in Kazakistan il terzo vertice di Astana, sponsorizzato da Russia, Iran e Turchia e parallelo alla conferenza Onu di Ginevra, si chiudeva con un mezzo nulla di fatto: le opposizioni sono arrivate con un giorno di ritardo, dopo aver negato di voler partecipare.

Nessun incontro diretto tra governo e opposizioni, che hanno discusso con i tre sponsor separatamente. Un altro passo indietro dopo i facili entusiasmi Onu per il meeting svizzero di inizio marzo. Hanno invece siglato un accordo Mosca, Teheran e Ankara: saranno ufficialmente garanti della tregua monitorando le violazioni e proteggeranno i siti Unesco. Prossimo appuntamento in Kazakistan il 3 e 4 maggio.

Non si vede alcuna luce in fondo al tunnel di sei anni di guerra. I numeri del conflitto sono impietosi: 500mila
morti accertati secondo i dati Onu dello scorso anno. Il 2016 è stato l’anno peggiore per i minori: 650 bambini sono stati uccisi, 850 reclutati da gruppi armati. Un terzo dei siriani vive in zone dove non esiste più assistenza sanitaria e un milione sotto assedio di governo o opposizioni.

Sono invece 12 milioni i siriani, su una popolazione totale di 22 milioni, che non vivono più nella propria casa: 7 milioni gli sfollati interni e 5 milioni i rifugiati all’estero. Di questi 884mila hanno chiesto asilo a Stati europei (dati ad ottobre 2016) e 4,8 milioni vivono tra Turchia, Libano, Iraq, Egitto e Giordania.