Pillole al posto del cibo, pillole per sopportare la stanchezza, pillole per dormire, ansiolitici e antidepressivi inghiottiti come caramelle. Un mare di compresse segnerà la vita di Judy Garland, la leggenda dello showbiz americano, portata sullo schermo nel biopic Judy, diretto dall’inglese Rupert Goold e sceneggiato da Tom Edge, presentato in anteprima alle Giornate Professionali di Sorrento, – già passato alla festa del cinema di Roma (50esimo anniversario della morte di Garland e 80esimo del Mago di Oz), in uscita nelle sale il prossimo 16 gennaio per Notorious Pictures. Ispirato e basato su End of the Rainbow, il successo teatrale del drammaturgo Peter Quilter, racconta l’inverno del 1968 quando l’indimenticabile fidanzatina d’America dei tempi di Over the Rainbow poi superstar di prima grandezza – attrice, cantante e ballerina – senza un soldo, senza una casa e senza un contratto, in grave crisi esistenziale tanto da perdere l’affidamento dei due figli, accetta la proposta di esibirsi per cinque settimane in un locale notturno londinese, la città che ha sempre amato dove è ancora un mito assoluto.

PER TAMPONARE la fama della sua inaffidabilità, le viene affiancata una segretaria/tuttofare, Rosalyn Wilder (i suoi ricordi l’hanno fatta nominare consulente per la produzione del film) che dovrà combattere le sue faringiti, le sue sbornie, le sue depressioni fino ad arrivare a buttarla materialmente in scena. Protagonista totale Renée Zellweger che ha profondamente amato il tormentato tragitto di Frances Ethel Gumm, il vero nome della diva, figlia d’arte (debutto nel vaudeville insieme con le sorelle), dotata di un grande presenza scenica, sulle tavole dei teatri già da bambina fino alla consacrazione col Mago di Oz, schiavizzata dal produttore Louis B. Meyer e dai suoi scherani che la costringeranno ad assumere ampie dosi di farmaci per sostenere i ritmi di lavorazione (nei flashback c’è persino il suo finto compleanno dei 16 anni con ribellione ai tempi di Dorothy), attraversando matrimoni e divorzi (compreso il primo, quello con Vincent Minnelli, da cui nascerà Liza). Un simbolo femminile in perenne battaglia con gli studios e le loro leggi, con avvocati e contratti, una professionista di enorme talento salita sul palco per oltre 40 anni a caccia di quegli applausi «di cui non poteva fare a meno», conservando un lato sexy, coinvolgente, autoironico «perché ogni volta che taglio una torta, mi trovo sposata con un’idiota».

TRASFORMATA fisicamente (con lenti a contatto colorate, protesi e parrucche), Zellweger ha studiato interviste televisive originali, si è allenata lungamente con un vocal coach a ottenere il suono della voce di Garland e la sua pronuncia, e con un coreografo a replicare il suo modo di muoversi, per una sensazionale prova d’attrice, evidenziando la fragilità e i demoni (l’alcol e i barbiturici) di una donna dalla vita complicata, marchiata duramente dalle sue esperienze giovanili.
«Prende qualcosa per la depressione? Quattro mariti, non sono serviti a molto». Le interpretazioni dell’attrice di Bridget Jones, di By Myself e Trolley Song (e di tutto il repertorio americano tradizionale) si avvicinano molto all’intensità dell’originale, accompagnate anche da una ricerca straordinaria dei costumi e delle coreografie del periodo. Una donna brillante e consapevole, con un forte desiderio di normalità, per ritrovare l’amore (il suo affaire con l’imprenditore Mickey Deans che diverrà il suo quinto marito, che gli ricorda i bellissimi momenti adolescenziali con Mickey Rooney nel 1938) e una casa, finendo persino a fare le uova strapazzate a mezzanotte nella cucina di una coppia di suoi fan, le uniche persone che si ritrova vicino.
Nonostante gli applausi calorosi del pubblico, Garland è preda di un nervosismo incontrollabile, timorosa dell’affetto dei figli Joey e Lorna che vogliono restare col padre a Los Angeles, attaccata alle pastiglie e alle bottiglie, con la sua voce meno forte, più esitante tanto da non riuscire ad andare avanti nella scena più emozionante di tutto il film, proprio quella alla fine dell’arcobaleno, quando i sogni trascolorano nella realtà.