Primi ad approvare, secondi a vaccinare, almeno in occidente. Dopo il nulla osta concesso sgommando e con consistente anticipo su Stati Uniti e Unione Europea – ma non sulla Russia che ha iniziato sabato scorso a somministrare un vaccino anti-Covid non testato appieno e, naturalmente, sulla Cina – oggi in Gran Bretagna comincia la Grande Immunizzazione.

Sono arrivate le prime 800mila dei 4 milioni di dosi che il governo aspetta entro la fine dell’anno. La vaccinazione consta di due iniezioni, da farsi a distanza di tre settimane. Una volta ricevuta la prima, verrà rilasciata una sorta di tessera che ha la funzione di ricordare al paziente di recarsi a fare il richiamo e non, come si è speculato, quella di patentino d’immunità. I primi a sottoporvisi saranno i lavoratori ospedalieri, gli ultraottantenni e il personale di assistenza nelle case di cura in tutte le quattro nazioni che compongono il Regno raggiunte dal vaccino Pfizer-BioNTech: Inghilterra, Galles, Scozia e Irlanda del Nord. La distribuzione è partita da cinquanta ospedali e si avvarrà della collaborazione dell’esercito. Già attivamente coinvolto nella gestione dei centri dove si effettuano i tamponi, adesso provvederà anche al trasporto dal Belgio delle fiale del vaccino con voli, appunto, militari, essendo al contempo alle ultime battute l’infelice trattativa con i ventisette sull’uscita dall’Ue, che in caso di mancato accordo trasformerebbe quasi certamente Dover in una kafkiana distopia dell’autotrasporto.

Né aiuta il fatto che il vaccino si conservi a temperature ultraglaciali – settanta gradi sottozero -, sia confezionato in lotti da un migliaio scarso di dosi l’uno, che possa essere trasportato solo in quattro successive riprese, che le singole partite vadano suddivise con accortezza e che resista in un frigorifero convenzionale solo quattro giorni. Anche per questo la precedenza assoluta di queste ore è riservata a chi dei gruppi sopraindicati può ancora muoversi, pur con difficoltà: gli ultraottantenni e i lavoratori ospedalieri. Le case di riposo lo riceveranno in un secondo momento, probabilmente la settimana prossima, sperando nel frattempo che anche i vaccini Oxford/AstraZeneca e Moderna – che non necessitano di conservazione criogenica – siano altrettanto celermente approvati. Seguiranno tutte le altre categorie suddivise in base ad età e vulnerabilità.

La novantaquattrenne coronata e il 99enne consorte non salteranno la fila, come aveva già fatto il delfino Charles con il tampone, mesi addietro. Tra gli immunizzati figurano anche gli immunizzatori, stavolta contro le denunce: il governo ha garantito alla Pfizer – come anche a tutto il personale medico – che nessuno potrà trascinarli in tribunale in caso il vaccino risulti problematico.

Nonostante l’oggettiva necessità e urgenza imposta dai diecimila decessi globali al giorno, non tutti esultano dell’immunizzazione di massa. Il nutrito drappello nazionale di irriducibili nemici della profilassi è in espansione, aumentato del 19%: 7,8 milioni di persone solo quest’anno, come anche i perplessi e gli attendisti. Un sondaggio del cosiddetto Vaccine Confidence Project (VCP) dell’Università di Londra ha riportato un magro 42% di interpellati che si sottoporrebbero senza esitazione alla vaccinazione, ben al di sotto del 55% necessario per creare la mitologica immunità di gregge. Sono dati per i quali ringraziare anche i più lunatici tra gli isolazionisti di questo governo, che durante lo tsunami propagandistico pro-Brexit mettevano in dubbio «i pareri degli esperti».

È chiaro il disegno di Johnson, storico (in tutti i sensi) dilettante al pandemico sbaraglio: trasformare la sua personale Dunkirk sanitaria da débâcle in una vittoria sull’invasore virale del paese nel suo complesso. Non a caso ha ribattezzato la giornata di oggi come V-Day, il giorno della gloriosa Vittoria sul Vaccino, un’idea sicuramente sua e non del trombato Cummings. Peccato che cadrà in contemporanea con quel B-Day che si attende spasmodicamente da quattro anni. B come Brexit: così labiali, così lontane.