Orfini: «Jobs act, legge da correggere»
Intervista Il presidente del Pd Matteo Orfini: titoli giusti, ma mancano molte cose. Renzi saprà ascoltare il suo partito. Il reintegro per discriminazione non si tocca. E alla fine le garanzie per tutti devono aumentare
Intervista Il presidente del Pd Matteo Orfini: titoli giusti, ma mancano molte cose. Renzi saprà ascoltare il suo partito. Il reintegro per discriminazione non si tocca. E alla fine le garanzie per tutti devono aumentare
Presidente Orfini, nel 2002 lei scese in piazza con Cofferati per difendere l’art.18?
Sì, con i miei colleghi archeologi. Ma è un parallelismo discutebile. Allora si voleva abolire l’art.18. Oggi puntiamo a estendere i diritti. E comunque ancora non abbiamo abolito nulla.
Lei ha twittato: «I titoli del jobs act sono condivisibili» ma «servono correzioni importanti al testo». Ma i titoli della legge delega sono molto generici.
È condivisibile l’obiettivo del jobs act, quello che ha detto Renzi alla camera: dobbiamo restituire qualcosa ai milioni di precari a cui anche il centrosinistra ha rovinato la vita. E riscrivere l’art. 18, come dice Renzi, è una sfida da raccogliere. Poi però l’emendamento del governo finisce nella direzione opposta. Bisogna correggere l’impostazione.
Come?
Intanto disboscare la foresta di contratti precari. Nella delega questo non c’è ma Renzi l’aveva annunciato. Bisogna semplificare, limitarsi agli strumenti essenziali: il tempo determinato e quello indeterminato. Poi possiamo discutere della progressività delle tutele, come previsto dalla delega. Dobbiamo cancellare cose molto sgradevoli come il demansionamento e i controlli a distanza, che producono una torsione autoritaria nei luoghi di lavoro.Potremmo inserire la legge sulle dimissioni in bianco impantanata al senato. E sarebbe bene affiancare una legge sulla rappresentanza sindacale. Comunque non può essere messo in discussione il reintegro per il licenziamento discriminatorio, è un principio irrinunciabile.
Lo statuto dei lavoratori si può riscrivere con una legge delega?
I tempi della crisi ci obbligano a fare in fretta, e la delega consente un confronto ampio con il paese e le parti sociali. Ma serve una delega dettagliata per evitare margini di ambiguità.
Al momento questi margini sono tali che Sacconi esulta per la cancellazione dell’art.18 e lei dice che non è vero.
Appunto. Ma non è solo questione di art.18. Il punto di fondo sarà la valutazione finale: se avremo un innalzamento dei diritti e delle tutele o un loro abbassamento.
Intanto Sacconi e Ichino ridono.
Il ministro Poletti ha detto che il reintegro per licenziamento discriminatorio resta. Suggerirei a Sacconi di leggere meglio le norme.
Se le «importanti correzioni» che lei propone non arriveranno?
Arriveranno. A breve abbiamo la direzione del Pd. Sono convinto che potremo avere una posizione unitaria. Ho fiducia della nostra capacità di ascoltarci. Certo, se ci avvitiamo in una discussione nella quale ognuno di noi cerca di strumentalizzare ad uso interno le sue posizioni, e a radicalizzarle per non trovare un accordo, non ne usciamo.
Ce l’ha con Bersani che parla di «intenzioni surreali del governo»?
Siamo all’inizio della discussione, cerchiamo tutti di stare al merito e di capire come intervenire.
Cuperlo dice che togliere i diritti è di destra: anche questo è un posizionamento interno?
Non dobbiamo dirci fra noi che siamo di destra o di sinistra, dobbiamo cambiare la legge. Perché sia più di sinistra.
I soldi per estendere gli ammortizzatori sociali si troveranno?
Va chiesto al ministro dell’economia e al presidente del Consiglio. Ma c’è un impegno a aumentare le risorse per universalizzare l’Aspi (l’indennità di disoccupazione, ndr). Se così fosse, e così sarà, sarà un altro passo in avanti.
Fino a qualche tempo fa Renzi definiva la discussione sull’art.18 un ’falso problema’. Perché ha cambiato idea?
Non so se ha cambiato idea. Ma l’obiettivo della delega è più ampio. Fra l’altro noi l’art.18 l’abbiamo già modificato, sbagliando, con la riforma Fornero.
Questa nuova modifica procede in quella direzione.
Insisto: a oggi la modifica non c’è. C’è una delega che non chiarisce il punto di arrivo.
l vostro avversario di altre stagioni Piero Ichino pensa l’opposto.
Non capisco perché. Quello che è scritto nei principi della delega è diverso da quello che ha proposto in questi anni. E il testo definitivo deve rimanere sufficientemente lontano da quello che pensa Ichino. Poi, figuriamoci, è legittimo che ciascuno se la racconti come conviene al proprio partito.
La cancellazione dell’art.18, dice Camusso, è uno ’scalpo’ che Renzi offre all’Europa.
Non mi pare. Questo governo rivendica di fare le proprie scelte senza condizionamenti esterni. E le tensioni con alcuni esponenti europei lo dimostrano.
E se la Cgil vi manifesta contro?
Legittimo. Meglio sarebbe aspettare il testo della delega; vedrò al tg come va la manifestazione.
Due anni fa lei ha scritto un librino intitolato ’Con le nostre parole’. Renzi ha detto: «Il mondo del lavoro è basato sull’apartheid». Sono parole ’vostre’?
No, sono parole molto sbagliate.Il mondo del lavoro è diviso fra tutelati e non, ma ’apartheid’ presuppone che i segregatori dei non tutelati siano i tutelati. La responsabilità non è di chi ha le tutele, ma della politica che fa leggi sbagliate.
Alla fine Renzi è rimasto il blairiano di sempre?
Renzi saprà ascoltare le proposte di modifica. Una delle ragioni per cui ha vinto le primarie è che ha saputo interpretare le speranze dei precari. Ora è il momento di essere conseguenti a queste aspettative.
D’Alema ha visto a cena quelli della minoranza Pd per organizzare la ’resistenza’.
Quelli che organizzano cene, in altri tempi, mi hanno insegnato che finito il congresso si lavora all’unità del partito, non all’unità della minoranza del partito.
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