Sono precari in scadenza a fine marzo coloro che aiutano precari e disoccupati a trovare un lavoro. È la contraddizione in cui si trovano circa 760 operatori precari di «Italia lavoro», oggi assorbita dall’agenzia nazionale per le politiche attive (Anpal): oltre 630 contratti di collaborazione e circa 130 contratti a tempo determinato. Ieri alla Camera, nel corso di un question time richiesto dai deputati del Pd (relatrice Chiara Gribaudo), il ministro del lavoro Giuliano Poletti ha preannunciato una nuova proroga a giugno di un personale fondamentale per il futuro delle politiche attive nel nostro paese. Ma la soluzione non risolve l’incertezza lavorativa di chi segue la sperimentazione del ricollocamento dei 1650 lavoratori licenziati da Almaviva, i centri per l’impiego che assistono i lavoratori con diritto all’ammortizzatore sociale Naspi, monitorano i programmi garanzia giovani e alternanza scuola-lavoro. La proroga dei contratti a giugno sarà finanziata con scampoli di fondi europei, non con risorse statali che seguono una programmazione autonoma.

Alla Camera Poletti ha detto che non sarà possibile un rinnovo automatico. Saranno necessarie nuove selezioni. Il ministro ha assicurato che «il loro valore» sarà tenuto «in debita considerazione» in un esame che hanno già superato. Per i precari dell’Anpal gli esami non finiscono mai. Per continuare a fare un lavoro che, in alcuni casi, svolgono da 10-12 d’anni, dovranno ripetere le prove che hanno già sostenuto tra il 2015 e il 2016.

L’Anpal è considerata il «secondo pilastro» del Jobs Act e il tassello mancante di una moderna (e mai esistita) politica attiva del lavoro in Italia. Più volte Poletti ha annunciato nell’ultimo anno e mezzo l’assunzione di mille nuovi addetti. Il presidente Dal Conte parla di altri mille tutor per seguire i progetti di alternanza scuola-lavoro. Per chi, invece, lavora oggi all’Anpal il futuro è solo precario.Un paragone rende l’idea della situazione in cui si trovano le politiche attive nel nostro paese. Nella sola Germania sono occupati in questo settore 110 mila persone. In Italia, considerati gli 8 mila impiegati dei centri per l’impiego (di cui 2 mila precari) e i 1200 circa di Anpal (380 dipendenti e 760 precari), gli addetti sono poco più di 9 mila. Su queste basi, le ambizioni legate a questo progetto resteranno nel cassetto.

Un altro elemento va considerato per comprendere il paradosso-Anpal: al referendum del 4 dicembre Renzi aveva scommesso sulla centralizzazione delle politiche attive. L’agenzia avrebbe dovuto gestire direttamente i centri per l’impiego. La vittoria del «No» ha infranto questo progetto. Il reinserimento dei disoccupati nel mercato del lavoro resta una materia «concorrente» tra lo Stato e le regioni. L’Anpal dovrà stipulare convenzioni specifiche con ogni regione. Resteranno tutte le disparità tra il Nord e il Sud. I disoccupati continueranno a cercare lavoro con il passaparola: in Italia lo fa l’83%, mentre solo il 4% si rivolge al collocamento pubblico. I centri per l’impiego dovranno resistere con le poche risorse a disposizione, il personale precario e un’altra fetta che si avvia alla pensione. Il rischio è chiaro: il ricollocamento potrà essere gestito dalle agenzie private. Quello pubblico continuerà a essere irrilevante nonostante il progetto del Jobs Act di attribuire la regia del collocamento pubblico e privato all’Anpal.

I precari dell’Anpal si sono organizzati. Chiedono una proroga fino al 2020 e un percorso di stabilizzazione come sta avvenendo nel resto della pubblica amministrazione, a cominciare dai precari dell’Istat, con la riforma Madia. Un’altra contraddizione: all’Anpal, una Spa di proprietà dello Stato, si continua con i rinnovi trimestrali dei contratti, una pratica per cui l’Italia è stata condannata dalla Corte di Giustizia europea. Martedì 28 febbraio, ribattezzato per l’occasione, «unemployed day» (la giornata dei disoccupati), i precari protesteranno con sit-in nelle sedi dell’agenzia e nei centri per l’impiego. «È finita l’epoca dello storytelling di Del Conte e Poletti – affermano – La realtà è diversa. Vogliano risposte chiare e immediate».