Alcuni musicisti hanno contribuito più di altri alla creazione del mito Brasile-universo musicale, João Gilberto è uno di loro. João nasce a Juazeiro, nello stato di Bahia. A quattordici anni la prima chitarra ricevuta in regalo da uno zio indica un percorso già tracciato, e così inizia la lunga storia dell’adolescente che cantava dall’altoparlante della radio della sua piccola città, nella Praça da Matriz. Ora, dopo la sua scomparsa il 6 luglio scorso, a 88 anni, ancora una volta gli viene universalmente riconosciuto il merito di grande e inimitabile autore e interprete, che ha aperto nuove strade per la musica del Brasile nel mondo.
Nel 1954 si trasferisce a Rio de Janeiro, dove però il gruppo vocale Garotos da Lua non decolla. Il passo decisivo sono i mesi che passa in casa di sua sorella a Diamantina, città dello stato di Minas Gerais, abbracciato alla chitarra per trovare nuovi ritmi e nuove sonorità, per quella che ben prima della celebrità planetaria dell’espressione, legata alla musica, in Brasile si chiamava «la cosa nuova», bossa nova, appunto.
Come sarà arrivato a quella batida – ritmo – di chitarra? e da dove viene l’ispirazione per quel nuovo timbro di voce, adatto a qualunque tipo di canzone, non solo brasiliana, e soprattutto la sorprendente fusione tra chitarra e voce – voz e violão ? Peraltro formula canonica nella musica del Brasile.
Nel 1957 torna a Rio, ed è un 78 giri del 1958 – definito mitico – con le melodie di Tom Jobim e la poesia di Vinicius de Moraes, a ospitare alcune registrazioni storiche. Chega de saudade, considerata la proto bossa nova – che incantava il ragazzino Caetano Veloso – con l’altra novità Desafinado, e la nuova versione di Aos pès da Santa Cruz, e poi Bim Bom, canzone scritta do João, oggetto di critiche e di riflessione sul nuovo momento, culturale e poetico del Brasile, affatto dadaista e innovatore, anche duramente osteggiato dai conservatori. Tra gli altri grandi successi, Rosa morena, Corcovado, Aquarela do Brasil.
Così la canzone brasiliana imbocca all’epoca «la rivoluzione soave», che induce il pioniere della bossa nova, Tom Zè, compositore e pensatore surrealista, a proclamare e cantare «quando la bossa nova ha inventato il Brasile ». La nascita del genere ha nell’ellepì Getz/Gilberto una delle sue tappe decisive. Il sassofonista statunitense Stan Getz, vincitore per alcuni anni di seguito della classifica mondiale delle più autorevoli riviste di jazz, si rigenera musicalmente in Brasile, al pari di una quantità di jazzmen Usa.
Seguono altri due dischi, nel 1960 e 1961, in collaborazione con Dorival Caymmi, Roberto Menescal e Carlos Lyra – altri fondatori del movimento bossa nova -, oltre a nuove composizioni di Tom Jobim e Vinicius de Moraes, mentre nel 1962 si trasferirà a New e poi in Messico, influenzando tutta una generazione di arrangiatori, chitarristi, musicisti e cantanti, con tournée in Germania, Stati Uniti, Messico, Italia e Giappone.
Il cantautore di Juazeiro , divenuto mito, è uno dei più luminosi esempi di vittoria culturale afrobrasiliana, a conferma del profetico annuncio del soprano di fama internazionale, la cantante carioca Bidu Sayão sul trionfo musicale del Brasile, già nel 1930.
CONO D’OMBRA
João Gilberto fa parte della manifestazione dell’ immagine artistica e culturale del Brasile, nella prospettiva dell’esaltazione della cultura brasiliana e afrolusofona. Con lui scompare l’ultimo dei «padri» della bossa nova, nata dalla fusione del samba con il jazz nordamericano, e compagno di musica di Tom Jobim e del poeta diplomatico Vinicius de Moraes – «lo splendore della santissima trinità della bossa nova» – e in seguito con Caetano Veloso, Gilberto Gil e Maria Betânia .
Come pochi altri ha contribuito a eliminare il cono d’ombra – tema questo frequente, e dolente presso gli intellettuali brasiliani – che ha afflitto per lungo tempo la cultura del suo paese, prima di arrivare all’attuale grande riscatto planetario, e viene altrettanto spontaneo riferirlo all’impatto della musica afrodiscendente sulla cultura e sull’immaginario dei popoli euroatlantici. Qualcuno l’ha definita «una pacifica vendetta» che si è perfezionata tramite i media elettroacustici del XX secolo.
Il contributo di gran lunga più razionale, e affettuoso allo stesso tempo, viene dal capitolo finale di O mundo como saìda, dell’eccellente libro di Ruy Castro, Chega de saudade-A història e as històras da bossa nova, Companhia das Letras, São Paulo, 1990 – tradotto in italiano, dove viene ripreso il concetto dei suoni planetari brasiliani, come ormai appartenenti all’immaginario globale. «Silenziosamente, (il che è un controsenso, trattandosi di musica), la bossa nova si era installata nell’orecchio interno delle persone da tutte le parti, e già c’era chi riproduceva la sua “batida” con la chitarra, e la soavità della batteria e il suo modo di cantare come se fosse sempre esistito» (p. 410).
DISCHI E LEGGENDE
La produzione discografica del chitarrista baiano si sviluppa dal 1957 e sembra opportuno ricordare il doppio ellepì João Gilberto at 19 Montreux Jazz Festival ao vivo. Ancora una volta, solo voz e violão davanti a una platea che accompagna grandi classici samba e bossa nova con un diluvio di applausi, «ao vivo».
Va ricordato João,voz e violão, anno 2001, ultimo album di studio del mito della bossa nova, vincitore di un Grammy, tratto dal recupero di registrazioni originali dai nastri incisi da João per la Emi molti anni prima. Nel 2008, sold out nell’arco di un’ora per il concerto di commemorazione dei 50 anni della bossa nova.
Le molte leggende metropolitane su João Gilberto, sulla singolarità del carattere ed eccentricità varie, non vanno alimentate, molto meglio condividere qui l’amicizia con i musicisti baiani, parceiros e compagni di viaggio di tutta la vita di Gilberto, che ci hanno raccontato, in qualità di accompagnatori, della tournée in Giappone del 2006. Tra loro spicca Alberto Tuzè de Abreu, medico e polistrumentista dell’Orchestra Sinfonica dell’Università Federale di Bahia (UFBA), figura di musicista e studioso di cultura afrobaiana noto ben oltre i confini della capitale, la città di Salvador Bahia, la Roma Negra. I molti innamorati del Brasile e della sua musica salutano João Gilberto ma sentono che sarà per sempre con noi e tra le frasi a lui attribuite, questa ci sembra la più bella: “È un grande errore della musica contemporanea che la cornice diventi più importante del quadro».