Non si era ancora spenta l’eco del non scontato via libera dell’Ue al controllo congiunto di Invitalia e Arcelor Mittal negli stabilimenti italiani ex Ilva, Taranto in primis, che arrivano novità anche sul destino del secondo polo siderurgico della penisola, quello di Piombino. All’ultimo giorno utile, dopo l’ennesimo ultimatum posto dal governo e con i sindacati mobilitati da mesi, Jsw Steel Italy, guidata da Marco Carrai, ha annunciato di aver inviato al Mise la bozza aggiornata del piano industriale per le Acciaierie.
“Attraverso il piano – fa sapere con una laconica nota Jindal – la società intende efficientare gli impianti di laminazione e realizzare il forno elettrico, in modo da completare la gamma prodotti e far tornare l’azienda ad una redditività soddisfacente. Appena possibile, nei prossimi giorni, sarà fissato un incontro per discutere del piano e dei punti aperti tra il ministero dello Sviluppo economico e i vertici della società”.
Poche righe che, in sostanza, lasciano ancora nell’incertezza i quasi 2.000 addetti diretti dello stabilimento, due terzi dei quali in cig da anni, e un indotto disintegrato e tutto da ricostruire. A riprova, le segreterie provinciali di Fiom Fim e Uilm, che in questi giorni hanno incontrato gli enti locali denunciando lo stallo, al pari dell’Usb che ha manifestato davanti alla Regione Toscana chiedendo una governance pubblica per Ilva, Acciaierie e Ast di Terni, rispondono a Carrai e Jindal segnalando: “E’ un piano che doveva essere presentato molti mesi fa, che oggi non conosciamo e auspichiamo sia credibile, completo e accompagnato da un dettagliato cronoprogramma, con il relativo piano economico”.
Insomma un piano ben diverso da quello “diversificato”, ben poco siderurgico, presentato a settembre da Carrai. Un piano che non ha convinto nessuno, a partire dagli operai e dai sindacati per finire con lo stesso governo, che ha lasciato in stand by l’ingresso di Invitalia, subordinandolo all’effettiva volontà di Jindal di mettere mano al portafoglio e fare sul serio siderurgia, avviando subito la costruzione di un forno elettrico e il revamping dei laminatoi, con un investimento di almeno 200 milioni di euro.
La richiesta di Fiom Fim e Uilm al governo di “utilizzare tutti gli strumenti in suo possesso nei confronti della multinazionale indiana, fino ad oggi totalmente inadempiente”, fa il paio con quella di Francesca Re David e Gianni Venturi dopo l’ok dell’Ue al tandem Invitalia-Arcelor Mittal per la gestione dell’ex Ilva: “A questo punto – osservano i vertici della Fiom Cgil – non c’è davvero più nulla che impedisca o possa rallentare un percorso di confronto e di partecipazione diffusa sulle scelte industriali, occupazionali e ambientali del gruppo. Soprattutto non c’è più nulla che possa giustificare il ritardo nell’avviare gli investimenti necessari a sostenere il rilancio dell’insieme degli stabilimenti, a partire dalla manutenzione degli impianti, e in particolare ad avviare un indispensabile e complessa qualificazione del ciclo produttivo nel sito di Taranto”.
Sull’intero, strategico comparto la Cgil farà il punto mercoledì mattina con una iniziativa on line, dall’emblematico titolo “Un piano nazionale per l’acciaio. Dove va la siderurgia italiana”, e con le conclusioni affidate a Maurizio Landini.