La storia delle copertine dei dischi di Jimi Hendrix è un capitolo a parte nella sua parabola artistica tanto breve quanto immortale. Si pensa infatti che le copertine siano uno specchio della creatività e della visione di un musicista. In realtà in un’epoca in cui il disco in vinile era il principale prodotto che alimentava il business musicale, le cover erano ritenute un’essenziale veicolo di marketing.

Capitava spesso che grandi artisti si trovassero a sorpresa i loro long playing confezionati con delle fotografie e delle immagini che non avevano approvato e che per nulla interpretavano il contenuto dell’opera musicale. Nel 1957 Miles Davis scoprì che un suo album, lo storico Miles Ahead era stato venduto con un’immagine di copertina con una donna e un bambino (bianchi) su una barca. Sembrava una pubblicità per ricchi borghesi (bianchi). Guai a fare arrabbiare Miles: «Perché avete messo lì quella cagna bianca?» urlò a un discografico. La foto fu sostituita. Dieci anni dopo lo stesso trattamento lo subì il grande Jimi che con Miles Davis condivideva il talento, ma non il carattere battagliero. Per il debutto di Are You Experienced, la copertina della prima edizione dell’LP, quella inglese, mostrava un Hendrix con un mantello nero a braccia aperte che troneggiava sui suoi compagni di band, Noel Redding e Mitch Mitchell, accovacciati ai suoi piedi. Il musicista di Seattle trovò la fotografia brutta e inappropriata, non si capiva se fosse una foto ironica o se ci fosse un qualche contenuto mistico, visto che il frontman sembrava quasi avere delle ali ed essere al centro di un rituale.

Il fotografo che aveva realizzato lo scatto era Bruce Fleming che ai tempi lavorava con gli Stones. La sua intenzione era quella di esprimere il talento quasi soprannaturale dell’artista: «C’era qualcosa di strano che stava accadendo – dirà –. Qualcosa di differente. Quello era un uomo capace di volare di notte. Letteralmente in grado di alzarsi in volo. Era quello che volevo comunicare».

Hendrix non fu convinto. Riuscì però a far uscire il disco negli Stati Uniti con una copertina differente: una foto fish-eye della band (scattata da Karl Ferris) incorniciata su uno sfondo giallo con scritte psichedeliche. Ancora più contorta la vicenda dell’artwork che accompagnò il secondo 33 giri degli Experience, Axis: bold as love, pubblicato nel dicembre del 1967. Jimi aveva dichiarato di essersi ispirato per la musica a uno stile «americano e indiano». I discografici non si fecero sfuggire l’occasione. L’India era in quel periodo di gran moda, aveva affascinato le comunità hippie, aveva sedotto i Beatles, i Byrds e i Rolling Stones. L’artista grafico Roger Law prese un’altra fotografia di Karl Ferris e lo inserì in un disegno religioso indiano tra le divinità Vishnu e Krishna. Peccato che quando Hendrix aveva parlato di influenze indiane, parlasse della tribù Cherokee, da cui in parte discendeva. Dirà l’artista: «Vidi l’immagine e pensai: È grande!, ma dovevano mettere un indiano americano. Nessuno di noi tre ha nulla a che fare con quella copertina».

Jimi decise finalmente di prendere in mano la situazione. Per Electric Ladyland, destinato a essere l’ultimo capolavoro dei Jimi Hendrix Experience, scrisse ai responsabili della sua etichetta americana, la Reprise, descrivendo dettagliatamente che cosa avrebbe voluto per la confezione dell’ormai leggendario doppio album. L’artista faceva riferimento a degli scatti realizzati da Linda Eastman (la futura signora McCartney) che ritraevano gli Experience attornianti da bambini sotto un monumento di New York che raffigura Alice nel paese delle meraviglie. Di suo pugno il chitarrista scriveva: «Qualsiasi altra modifica a queste indicazioni non sarebbe appropriata alla musica e alla rappresentazione della band oggi».

Forse avrebbe dovuto chiedere qualche consiglio a Miles Davis su come farsi ascoltare. La lettera autografa con tanto di schizzo esemplificativo fu come carta straccia. Venne scelto un primo piano sfocato realizzato sempre da Karl Ferris durante un’esibizione al Saville Theater di Londra. In Gran Bretagna andò anche peggio. La Track Records, in cerca di sensazionalisti e di controversie, commissionò al fotografo David Montgomery uno scatto di 19 donne completamente nude su sfondo nero. La copertina venne ritenuta pornografica e fu censurata in diversi paesi e in molti negozi. L’immagine non scandalizzò Jimi per le nudità, ma l’ennesimo sgarbo non gli fece piacere: «Non sapevo niente della copertina inglese – disse a Melody Maker -. Ma, mi conoscete, l’ho approvata comunque. Tuttavia penso che sia triste come il fotografo abbia fatto apparire brutte le ragazze nude (…) l’immagine è distorta. Mi sembra misero perché le fa apparire male».

La copertina, come l’avrebbe voluta Hendrix, ha finalmente accompagnato l’edizione del cinquantennale dell’album. L’ultimo affronto all’eroe della chitarra rock avvenne con il suo ultimo disco, il live Band of Gypsys registrato il primo gennaio 1970 al Fillmore East di New York. Hendrix non voleva neppure pubblicarlo e dichiarò: «Non è un a buona registrazione, ma avevamo un debito con la casa discografica e hanno insistito». Anche qui la vicenda della cover fu tormentata. Per gli Usa la Capitol scelse un’immagine dal vivo rielaborata del musicista. Per il mercato britannico la Track Records cercò ancora di fomentare polemiche mettendo insieme una fotografia piuttosto squallida di quattro pupazzi creati dall’artista Saskia de Boer raffiguranti lo stesso Hendrix, Bob Dylan, Brian Jones degli Stones e il conduttore della Bbc John Peel. Una satira all’inglese che nessuno capì. Il legame tra i quattro personaggi era assai tenue e non c’era nessun riferimento al contenuto del vinile. In più Jones era morto l’anno prima.

Michael Jeffrey, manager del chitarrista, sentenziò: «Se ci fosse un premio per la più brutta copertina di pessimo gusto, lo darebbero a questo disco». Le edizioni successive riporteranno una foto di Jimi dal vivo all’Isola di Wigh