Con la fine della Seconda guerra mondiale gli Stati Uniti si trovano ad affrontare una fase storica completamente nuova. La sconfitta delle forze dell’Asse, il collasso incipiente dei vecchi imperi coloniali, la contemporanea vittoria dei comunisti di Mao in Cina e il formarsi nell’Europa dell’Est di regimi sotto lo stretto controllo sovietico determinano una situazione geopolitica mutata. Gli Usa assumono la funzione di nuova potenza dominante in diretta concorrenza con il blocco comunista. La necessità di accompagnare il confronto economico e militare con una politica culturale volta ad affermare l’egemonia del modello capitalista americano è forte e sarà foriera di un impegno massiccio e a tutto campo. Insieme all’esportazione dei prodotti culturali più pervasivi come il cinema anche il jazz sarà chiamato a svolgere il suo ruolo. Nasce quella che è stata denominata la diplomazia del jazz. Si tratta di utilizzare quella che è percepita come la più autentica creazione statunitense per, alternativamente o simultaneamente seguendo il clima e gli obiettivi del momento, facilitare i rapporti tra i due blocchi o esercitare una attrattiva sufficientemente seducente sulla popolazione per minarne la fedeltà ideologica.

V-DISC
Nei territori occupati dalle truppe alleate la creazione di radio, la organizzazione di concerti e balli, la diffusione dei dischi sono parte integrante di una vasta strategia di consolidamento dell’egemonia. Nelle sue memorie il poeta, autore del pregevole poema futurista Aria di jazz, critico e promotore del jazz Vladimiro Miletti ricorda come nella Trieste sotto l’amministrazione alleata «giunsero i V-Disc (dischi della vittoria) che i servizi dell’esercito americano distribuivano ai militari ma che in via d’amicizia potevano trasferirsi in mani borghesi (…) inoltre lo United States Information Service disponeva fra l’altro di una copiosa discoteca, con parecchio jazz, dalla quale si poteva attingere per l’ascolto nella sua sede in Via Galatti oppure a casa».
Il programma radiofonico Voice of America fece del jazz una componente immancabile delle sue trasmissioni rivolte ai cittadini dell’Est Europa. All’interno del suo palinsesto il programma raggiunse il suo apice nella metà degli anni Cinquanta, trenta milioni di ascoltatori in tutto il mondo. Il Dipartimento di Stato organizzò diversi tour di musicisti come Dizzy Gillespie, Louis Armstrong e Duke Ellington. Mostrare al mondo la gioia e la libertà del jazz era indispensabile per affermare la superiorità morale, oltre che economica, scientifica e militare, degli Usa. Di questo potere erano perfettamente consci gli stessi musicisti come Armstrong, il quale di fronte al perdurare delle discriminazioni e delle violenze istituzionali nel Sud razzista culminate con i fatti di Little Rock, in Arkansas nel 1957, quando il governatore Orval Faubus si oppose con la forza all’integrazione scolastica, minacciò di annullare il suo tour in Unione Sovietica affermando che «visto il modo con il quale il governo sta trattando il mio popolo al Sud, per me può andare all’inferno».
Nell’episodio Be Bop, del 1947, del fumetto The Spirit di Will Eisner il gruppo del trombonista afroamericano Tailgate Smear viene scritturato per suonare durante una trasmissione radiofonica rivolta agli abitanti di Ghiacciopoli (un simpatico eufemismo per indicare l’Unione Sovietica) con l’intento di stabilire buone relazioni interculturali. Alla trasmissione dovrebbe partecipare anche il pianista Sigmund Toskowsky (cognome con il quale l’autore ammicca al lettore le proprie origini e insieme il contributo ebraico alla nascita del jazz) con delle arie operistiche. Quando i due si incontrano nello studio però ricordano i bei tempi insieme a New Orleans e improvvisano una infuocata, letteralmente, jam session, che finisce per inorridire il dirigente del programma che li scaccia in malo modo. Gli ascoltatori dall’altra parte dell’oceano però dimostrano di avere apprezzato con entusiasmo la performance e il gruppo parte in tour nel lontano paese, felice di aver risolto così la mancanza di lavoro in patria.

IN ESILIO
Questa breve storia ha il pregio di mostrare un doppio movimento ossia la diplomazia del jazz e la vicenda della diaspora del jazz. Se già nel primo dopoguerra vi erano stati alcuni musicisti afroamericani che si erano stabiliti in Europa è però nel secondo che assistiamo a una massiccia emigrazione che assume i caratteri dell’esilio. Stanchi di sopportare il razzismo e le discriminazioni molti jazzisti infatti decideranno di stabilirsi in Europa dove sono accolti come esseri umani con pari dignità e valorizzati come artisti. Bud Powell, Kenny Clarke, Eartha Kitt, Don Byas, Dexter Gordon sono alcuni nomi, ai quali va aggiunto almeno quello della cantante e pianista Hazel Scott, in fuga dalla persecuzione maccartista. Nel volume Miles et Juliette degli iberici Salva Rubio e Sagar si racconta la storia d’amore tra il giovane Miles Davis e la cantante Juliette Gréco e i dilemmi del trombettista diviso tra il desiderio di ritornare negli States e quello di rimanere a Parigi dove ha conosciuto durante un tour la ragazza. L’amore, il riconoscimento umano e artistico e l’incoraggiamento della comunità dei jazzisti in esilio non basteranno a farlo rimanere. La figura del jazzista esule a fumetti ha avuto anche una versione particolarmente interessante con il personaggio Chat Noir nella serie Unknown Soldier, creata da Robert Kanigher e disegnata da Joe Kubert per la DC Comics. Il fumetto appare nelle edicole a partire dal 1970 al culmine della contestazione giovanile e dell’opposizione alla guerra del Vietnam. Il modello manicheo e propagandistico del militare americano in voga nei decenni precedenti è oramai usurato e non credibile alla luce della perdita dell’innocenza con la sporca guerra in Indocina. Unknown Soldier tenta dunque di ristrutturare il mito riportando l’azione nel contesto di una guerra giusta, la Seconda guerra mondiale contro fascismo e nazismo, e introducendo sfaccettature e complessità inedite al genere fumettistico bellico, se si escludono le storie antimilitariste di Harvey Kurtzmann per la EC Comics degli anni Cinquanta. I suoi personaggi anziché agire e pensare in modo unidimensionale rappresentano i dubbi dell’uomo comune messo a confronto con la guerra. Nella serie viene introdotto il personaggio di Chat Noir, un militare afroamericano condannato ingiustamente e allontanato dall’esercito che opera con la Resistenza francese, sotto la copertura dell’attività di trombettista jazz.
La frustrazione per il razzismo dell’esercito trova espressione esplicita nel personaggio con un realismo e una coscienza politica sconosciuti a un suo predecessore come Gabriel Jones, nella serie Sgt. Fury and His Howling Commandos della concorrente Marvel Comics. Kanigher e Kubert tentano perciò di offrire ai lettori, anche afroamericani, un personaggio più consono alla sensibilità contemporanea in una visione che si pone l’obiettivo di forgiare un nuovo patriottismo, libero dalle scorie conformiste del passato ma non meno convinto della propria buonafede. Chat Noir incorpora la vicenda della diaspora dei musicisti di jazz, con la consapevolezza del suo portato doloroso e della necessità, implicita, di un risarcimento.
Con la fine della guerra fredda le ragioni della diplomazia del jazz sono venute meno e la diaspora risponde a ragioni di desiderio esperienziale piuttosto che alla fuga dalle costrizioni. Con il riconoscimento del jazz come patrimonio dell’umanità dall’Unesco oggi a questa musica è assegnato il compito di fungere da catalizzatore di energie positive e testimonianza di inclusione. Nel frattempo i suoi musicisti più sensibili e vitali continuano a raccontare e denunciare con suoni e parole il razzismo e le oppressioni quotidiane.