Il jazz attizza il racconto, perché è una ruota dentata delle emozioni che trasmette movimento ad un’altra ruota dentata ad effetto emozionale, quella delle parole. Il jazz ama il racconto, e il racconto ama il jazz, in altre parole: e chi non ci crede può andare a rileggersi capolavori come Natura morta con custodia di sax di Dyer o Il persecutore di Cortazar o quant’altre acuminate schegge narrative vogliate ritrovare.

La bibliografia a un secolo e oltre dalla prima testimonianza discografica è imponente ad ogni latitudine. Anche in Italia, dove un nuovo tassello lo aggiunge un batterista, didatta, animatore culturale attivo in maniera quasi frenetica sulla scena del jazz, Rodolfo Cervetto, anche presidente di uno dei club veterani del nostro paese, il Louisiana Jazz Club, del 1964. Quando suona, con il trio Esperanto, con il trio di Antonio Marangolo, in mille situazioni diverse, Cervetto ha sempre un mood rilassato e sorridente: ma, parafrasando De André, dove finiscono le sue bacchette iniziano i fogli d’appunti per le idee, poi la tastiera di un computer, perché il jazz, si diceva, è racconto.

È uscito I suoni della vita/Tre racconti sul jazz, con le illustrazioni di Patrizio Colotto e prefazione di Riccardo Bertoncelli, ed è una evocazione di fantasmi dell’immaginario e del desiderio jazzistico (Charlie «Bird» Parker, Art Blakey in primis) condotta con sapienza e semplicità, alla ricerca di una scrittura piana e diretta che serva a contenere l’urto emotivo di storie possenti e derapanti, nei contenuti e nell’idea di base, e utili anche per mettere a nudo snodi cruciali di quella musica che, come ha detto qualcuno, ha fatto da «sistema nervoso centrale delle note del Novecento».

A questo proposito, è il caso di segnalare un altro libro importante che ha il pregio di andare a colmare un vuoto avvertito sia dagli addetti ai lavori, sia, soprattutto, da chi brancola nel buio alla ricerca di illuminazioni su un sapere musicale che troppo spesso appare come esoterico e invece s’è costruito per via di paradigmi continuamente aggiornati o rimessi in discussione. Fatti salvi alcuni cardini specifici derivati dal gioco incrociato di apporti africani ed europei. Esce per Arcana il Dizionario dei termini musicali in uso nel jazz, di Daniela Carletti, docente di canto moderno e jazz. Se volete sapere a cosa sta alludendo un jazzista quando parla di head arrangement, cos’è uno special o un background, cosa sono i changes o un growl, cos’è una sordina Harmon o un fill, qui avete tutto esposto con chiarezza e pertinenza.