La Terra Alta è una delle 41 comarche in cui si divide la Catalogna: una regione povera e contadina che dista meno di 200 km dalla rutilante Barcellona ma è come se stesse su un altro pianeta. Gli abitanti non arrivano ai tredicimila, si conoscono tutti e sanno o credono di sapere tutto di tutti, e naturalmente molti nascondono qualche inconfessabile segreto. Qui si è combattuta la battaglia più lunga e sanguinosa della storia della Spagna, quella dell’Ebro, ma da tempo non succede niente di davvero grave, da quelle parti. Nei commissariati dei paesi di queste terre i delitti sono all’ordine del decennio, non del giorno. È ambientato qui, Terra Alta (traduzione di Bruno Arpaia, Guanda, pp. 384, € 19.00) prima escursione di Javier Cercas nel noir, che ha inizio quando l’anziano padrone di quasi tutta la regione, un capitalista di quelli che sono partiti dal niente e che piano piano ha esteso il suo dominio su tutto e su tutti, non viene ritrovato ucciso con sua moglie, entrambi torturati con estrema ferocia.

Omaggio a Victor Hugo
Di fronte ai corpi straziati dei coniugi Adell, si avvia dunque un romanzo in cui la letteratura francese dell’800 e del ‘900 occupa una postazione centrale, essendo quasi onnipresente nelle suggestioni evocate e nelle citazioni esplicite: il modello è il noir francese di provincia, quello del Simenon dei romanzi senza Maigret, con le sue atmosfere paesane, i suoi segreti torbidi, la famiglia eminente che spadroneggia e sfutta, con piglio paternalista. Nella squadra incaricata di investigare sui delitti c’è Melchor Marìn, un poliziotto arrivato in paese dalla metropoli qualche anno prima, dopo aver ucciso quattro terroristi islamici. Avrebbe dovuto restarci solo il tempo necessario per sfuggire alla possibile vendetta, invece ha messo radici, si è sposato con una bibliotecaria di quindici anni più anziana, ha avuto una figlia e l’ha chiamata Cosette in omaggio a Victor Hugo. Nella desolazione della Terra Alta ha trovato casa.

Per seguire l’inchiesta di Melchor, Cercas sceglie uno stile estremamente descrittivo, minuzioso, quasi cinematografico. Registra ogni dettaglio, sfrutta un talento straordinario nella cura del particolare per descrivere l’anima dei personaggi senza tuttavia addentrarvisi troppo, e trascina irresistibilmente il lettore nei confini provinciali che fanno da cornice all’indagine, e che danno conto, tuttavia, di solo metà del libro. Alternando i capitoli e variando il tempo del racconto dall’indicativo al passato remoto, Cercas ricapitola anche il passato del protagonista, che non è uno sbirro come tanti. Prima che poliziotto, infatti, Melchor Marìn è stato trafficante di droga, malavitoso, carcerato. Ha trovato la salvezza e la vocazione professionale in un libro letto dietro le sbarre, I Miserabili di Victor Hugo, diventato per lui una mappa per decodificare la realtà, una bussola e insieme un testo che pone tanti interrogativi e tanti dilemmi morali quanti la vita stessa. Figlio di una prostituta barbaramente trucidata, i cui assassini ha cercato invano di scoprire per anni, è ossessionato dall’ombra di quel fallimento, di quel delitto rimasto impunito e invendicato, che rende per lui, ma non per gli altri poliziotti né per i magistrati, una ineludibile necessità la caccia ai colpevoli del massacro degli Adell e della loro domestica, anche lei uccisa (ma senza torture). Quando l’inchiesta viene abbandonata, dopo mesi di indagini inutili, Melchor Marìn decide di contravvenire agli ordini e continuare da solo.

Non soltanto Terra Alta è un noir vero, in cui la ricerca del colpevole, i colpi di scena e i guai del protagonista sono molto di più che occasioni posticce per parlar d’altro. È anche un romanzo d’ambiente, quasi uno studio sulla vita di provincia nella Catalogna moderna, ed è una ulteriore riflessione, come quasi tutta l’opera di Cercas, sull’eredità tragica della guerra civile nella Spagna di oggi. Ma è soprattutto un romanzo che mette a tema il rapporto dei lettori con i romanzi, l’incidenza della narrativa sulla vita reale. Melchor e sua moglie si incontrano in biblioteca, si avvicinano e si corteggiano discutendo di romanzi, nella loro vita coniugale l’abitudine di leggere a vicenda a voce alta è centrale quanto la loro relazione sessuale. Il fatto che leggano sempre romanzi ottocenteschi o iscritti comunque in quella tradizione, è una dichiarazione d’intenti: l’obiettivo dell’autore è infatti la spiegazione del passaggio al noir, un tentativo di rendere di nuovo la letteratura «rilevante per la gente: piacere e intrattenimento».

La lettura del grande romanzo di Hugo cambia la vita del protagonista e orienta il suo intero percorso da quel momento in poi. Cercas lavora a fondo sulle dinamiche dell’immedesimazione tra lettore e personaggio, costruisce la biografia di Melchor in modo che le somiglianze siano tali da giustificarne l’identificazione con il galeotto di Hugo e con il suo odio iniziale verso la società.

Prima la vendetta
Melchor vede però nell’antagonista Javert – il poliziotto arido e inflessibile che dà per decenni la caccia all’ex galeotto e non crede alla sua redenzione neppure di fronte all’evidenza – il vero campione di virtù, il segreto eroe positivo dei Miserabili. Melchor è un Jean Valjean che fa di Javert il suo modello. La vicenda nella quale il poliziotto ex criminale si troverà immerso indagando sull’atroce assassinio dei coniugi Adell lo costringe a misurarsi direttamente con i temi affrontati da Hugo: l’odio, che finisce per tenere in ostaggio l’odiante molto più che non l’odiato, la vendetta, intesa come legge superiore che interviene quando quella codificata dagli uomini fallisce, soprattutto la giustizia.

Il protagonista di Cercas si trova di fronte al sempre precario equilibrio tra giustizia formale e sostanziale, che a volte si trasforma in antagonismo e obbliga a una scelta impervia. È costretto a misurare la distanza che spesso si crea tra la legge e la giustizia e ad affrontare il dilemma che ne deriva. Lo stesso enigma etico che, ispirato da Javert, aveva creduto di poter risolvere con la cieca obbedienza alla lettera della legge. «Mi piace scrivere libri facili da leggere e difficili da capire» ha detto Cercas, che con Terra Alta, di cui scriverà presto un seguito, ha vinto la sua sfida.