Janko Ljumovic, professore associato alla Facoltà di Arti Drammatiche di Cetinje, ha pubblicato numerosi libri (*) , è stato direttore del Teatro Nazionale Montenegrino e Ministro della Cultura dal 2016 al 2017.

Quali i cambiamenti più rilevanti dal punto di vista culturale e artistico dopo la fine della Jugoslavia?
Nel prima c’è una scena artistica attiva e partecipe dei processi di emancipazione sociale, politica e culturale, nel dopo c’è l’idea dell’unicità dell’identità culturale montenegrina e l’allontanamento dalle politiche nazionaliste che avevano portato alla sanguinosa disgregazione della Jugoslavia. In questo secondo periodo, si giunge ad un nuovo paradigma culturale, con nuove leggi nel settore della cultura, con lo sviluppo a livello istituzionale di nuove realtà come l’Orchestra Sinfonica del Montenegro, il Centro della cinematografia del Montenegro e la Biennale di Arti visive di Cetinje.

Ritieni che le politiche nazionalistiche influenzino le arti e la cultura?
I nazionalismi nei Balcani rappresentano il più grande ostacolo allo sviluppo delle nostre società, seguono antiche mitologie delle società balcaniche, senza fare i conti con una realtà nuova. Alla base c’è l’abuso di un passato comune e il bisogno di egemonia della Serbia rispetto al Montenegro, della Bulgaria e della Grecia rispetto alla Macedonia del Nord, il perenne conflitto serbo-albanese, la Bosnia Erzegovina priva di una prospettiva civile a causa delle forti dimensioni etniche della politica. La scena artistica da un lato si è opposta e continua ad opporsi a un tale sistema di valori, dall’altro produce nuove mitomanie con troppi i riferimenti alla tradizione. Prevale tuttavia una cultura della resistenza, una pratica artistica che ha saputo affrontare e rileggere il passato, aprendo pagine traumatiche e buie della storia moderna e della transizione nel post Jugoslavia.

Esiste una identità teatrale del Montenegro?
Il teatro in Montenegro, soprattutto dalla fine del XX secolo ad oggi, è uno dei segmenti più importanti della cultura contemporanea, grazie alla sua apertura verso gli altri, e principalmente verso i Paesi dell’ex Jugoslavia, grazie alle politiche di cooperazione e mobilità degli artisti. La drammaturgia montenegrina risultava interessante agli occhi degli altri per le storie specifiche che creava, dalla cultura della memoria fino alle tematiche della transizione verso la democrazia. Vale la pena citare i progetti del regista Boris Liješevic o del regista teatrale di fama europea Arpad Schilling, progetti che sono penetrati nella vita della piccola gente in tempi caratterizzati dalla privatizzazione, dalla redistribuzione del capitale, da una transizione che sembra non avere mai fine. Mi riferisco a rappresentazioni teatrali quali Ocevi su gradi (ili) / Fathers have built, e Dokle pogled seze/ As far as eye can see prodotte dal Teatro Nazionale Montenegrino (CNP) di Podgorica e dal Teatro Regio Zetski dom di Cetinje.

Come è stata la tua esperienza da Ministro della Cultura?
L’esperienza è stata molto breve, a dimostrazione del fatto che, per tale funzione, è sempre meglio avere un partito alle spalle che io non ho avuto. Le mie dimissioni da Ministro della Cultura hanno dimostrato che nelle politiche pubbliche ci sono dei principi etici che occorre mantenere e non solo gli interessi politici e di partito a breve termine. L’etica della professione dovrebbe prevalere in settori quali l’istruzione, la cultura, perché solo così si può parlare dei valori di una comunità. Il sistema culturale montenegrino è di fronte ad una sfida che deve portare al rafforzamento e allo sviluppo delle istituzioni culturali. La scena culturale indipendente ha sofferto per anni a causa delle cattive politiche culturali proprio in relazione a questo segmento della cultura e il mercato culturale è troppo piccolo per uno sviluppo sostanziale del settore privato. Purtroppo la cultura montenegrina ancora una volta non è nell’elenco delle massime priorità in cui invece si è trovata per un po’ di tempo dopo l’indipendenza ottenuta dal Paese nel 2006.

Quale potrà essere il ruolo del Montenegro in Europa?
L’Europa sarà una entità completa quando tutti i Paesi dei Balcani ne faranno parte. Non dimentichiamo che i nostri Paesi non sono solo Paesi dei Balcani, ma alcuni di essi sono anche Paesi del Mediterraneo. Ed è proprio la storia del Mediterraneo che ci fornisce le prove per affermare che il Montenegro è parte integrante dell’Europa.

Cosa sta cambiando in teatro con la pandemia in atto?
Internet, le nuove tecnologie e i social network offrono spazio per l’azione, tuttavia questa azione non è teatro. Certo, aiutano a diminuire il senso di frustrazione, ma la vera domanda è cosa di nuovo è stato creato in questo periodo, quali nuovi testi teatrali, quali traduzioni si stanno facendo in altre lingue, quale ricerca di nuovi modelli di produzione. Sono stati cancellati anche i festival estivi e possiamo dire che la produzione culturale e artistica sia in uno stato di sospensione e attesa.
All’inizio della pandemia, in Montenegro è stata lanciata un’iniziativa a sostegno degli artisti indipendenti che lavorano al di fuori delle istituzioni. Queste risorse non sono state certo sufficienti e infatti, ora, di fronte alla seconda ondata della pandemia, nessuno si pone più la questione. La solidarietà mostrata inizialmente è finita.


Negli ultimi dieci anni sono emersi giovani artisti?
Sì, soprattutto nel campo della cinematografia e della letteratura. Scrittori quali Andrej Nikolaidis, Ognjen Spahic, Milorad Popovic, Stefan Boškovic sono stati tradotti in altre lingue, lungometraggi e cortometraggi montenegrini sono presenti nella programmazione di un gran numero di festival cinematografici in tutto il mondo. Ivan Salatic, Dušan Kasalica, Nikola Vukcevic, Marija Perovic, Andro Martinovic sono gli autori i cui film sono stati proiettati nei festival di Venezia, Toronto, Sarajevo, Trieste.

È più creativa la capitale Podgorica o i piccoli centri?
C’è un sistema di produzione e diffusione della cultura in Montenegro abbastanza decentralizzato, con una serie di festival artistici centri di produzione teatrale presenti sulla costa (Budva, Cattaro, Tivat, Bar), e in altre città del Montenegro (Cetinje, Niksic). Oltre ai due Teatri a Podgorica, un Teatro nazionale e un Teatro Municipale, esiste un altro Teatro nazionale a Cetinje, il Teatro regio «Zetskidom», che negli ultimi anni rappresenta un esempio di cooperazione di successo nella regione e più in generale in Europa. Importanti sono le città sulla costa, Budva, Tivat e Bar e i loro festival estivi. La scena teatrale indipendente è animata dal teatro indipendente ATAK (Active Theatre Alternative Company) fondato da drammaturghi della prima generazione di studenti di Drammaturgia presso l’Accademia di Cetinje e attraverso il festival FIAT diretto negli ultimi anni da Ana Vukotic.

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(*) Pubblicazioni di Janko LjumoviC: Culture Page, The Production of Meaning, The World of Art Careers – Drama and Theatre, Start-up Creative Podgorica, Platform for New Cultural Action, City in the Park, Montenegrin National Theatre 1953-2013, Media Representation of Gender Minority Groups: Serbia, Montenegro and Macedonia, Montenegrin Cultural Studies & Identity and Multiculturalism & Contemporary Artistic Practices.