SSS: Sesso Snobismo Sadismo è la cifra maligna che bolla i romanzi di 007. Trattasi di letteratura «lussuosa», avrebbe detto Hopkins, termine da lui coniato per quei poeti vittoriani (Tennyson, Browning, Swinburne) di cui era impietoso contemporaneo. Ma non ci riesce di essere altrettanto severi a noi postmoderni, fiaccati da tanta romanzeria che per irretirci infaticabilmente scopre rizomatici percorsi narrativi. Thunderball, l’ultima fatica di Ian Fleming (i cinque che seguirono furono pubblicati postumi), è un romanzo per maschi che amano le macchine di ogni tipo, dalla elegante berlina dello scapolo, al bellissimo aliscafo armato per una memorabile azione terroristica. Compatto, giustificato nelle violente e rapide risoluzioni, corre senza inciampi allo scopo finale, con improvvisi squarci di bellissimi paesaggi sottomarini che si alternano a primi piani di corpi nudi, torturati, annegati, esplosi, in putrefazione.
Era stato tradotto in italiano con il titolo Operazione tuono, ma ora riappare in Adelphi con il titolo inglese Thunderball, tradotto da Massimo Bocchiola e a cura di Matteo Codignola («Fabula», pp.270, €22,00). Sono maschi alpha quelli che si combattono fino all’ultimo sangue. Un’occhiata ravvicinata a James Bond: «Più di uno e ottanta, sui trentacinque anni. Bello in maniera fosca, un po’ crudele, con due occhi grigio-azzurri chiarissimi. La cicatrice chiara sulla guancia destra spiccava su una abbronzatura leggerissima. Portava un monopetto blu scuro sopra a una camicia di seta crema e una cravatta di maglina nera». La striscia sottile di maglina nera viene dai libertini settecenteschi, ammicco elegante a una segreta dissolutezza. Così vestirà Sean Connery nel film di Terence Young del 1965, compresi i piedi nudi nei sandali francescani. L’uomo della CIA, l’americano Felix Leiter suo collaboratore in questa e altre imprese, ha un uncino al posto della mano destra e un ciuffo biondo.
Il cattivo di turno è l’italiano Emilio Largo, nel film l’imponente Adolfo Celi, numero 1 della SPECTRE, la potente società segreta che organizza devastanti attentati terroristici non per ragioni politiche ma per danaro, tantissimo danaro. «Era romano, e sembrava un suo antenato su una moneta» (qui Fleming strizza l’occhio a Henry James, a quel principe romano che sposa la ricca ereditiera nella Coppa d’oro). «Sotto la giacca di zigrino di ottimo taglio i muscoli erano quasi disegnati. Poi c’erano le mani, una specie di valore aggiunto. Erano quasi il doppio del normale … due grosse bestie dalla pelliccia bruna, indipendenti dal loro proprietario».
Le varie locations sono nelle Bahamas dei ricchissimi: casinò, alberghi, nights, barche, aerei, auto, sottomarini, caccia, e armi e marchingegni speciali per gente speciale. Inutile aggiungere che da queste parti una bella ragazza è targata «tigre furiosa» o «splendida giumenta araba». Ma si fa eccezione per Dominetta Vitale (o Petacchi), la tenera e dispotica innamorata di Bond, perché Fleming ama le cose italiane: gli spaghetti alla bolognese, il chianti più rozzo e a buon mercato, gli aliscafi, la nostra generica disinvoltura, le italiane di sana origine contadina; e il fascino della mafiosità filtra tra le righe.
Speciale è il modo in cui Thunderball è nato e si è drammaticamente intrecciato alla vita e alla morte di Fleming. All’inizio la sua idea, il caso di un aereo finito in fondo all’oceano, fu una sceneggiatura a cui lavorò insieme al regista McClory, affascinato dal setting sottomarino, e all’esperto Jack Whittingham per i dialoghi. Era il 1959 quando i due, finalmente soddisfatti del loro lavoro, contattarono Fleming, che si era ritirato in Giamaica nella casa di Goldeneye. Dopo vari tentativi falliti di produrre un film insieme, Fleming dal gennaio al marzo 1960 scrisse il suo romanzo Thunderball.
La causa di plagio intentata da McClory contro Fleming durò tre settimane, e Fleming ebbe il primo attacco di cuore. Infine si venne a un accordo: a Mc Clory andarono tutti i diritti per un eventuale film, e a Fleming quelli del romanzo, ma dovette ammettere di aver commesso il plagio. Nove mesi dopo la conclusione del processo, Fleming ebbe un altro attacco, e morì il 12 agosto 1964, a cinquantasei anni.
Il suo James Bond lo aveva preceduto. Con la scusa della vita voluttuaria che conduce da tempo (sessanta sigarette al giorno, mezza bottiglia di alcolici sui quaranta gradi…) è stato spedito a disintossicarsi in una clinica naturista dove subisce un trattamento speciale per la trazione muscolare. Legato seminudo su una specie di cavalletto, una mano ha alzato al massimo la potenza della macchina che gli sega il corpo a metà. Grida. «E poi di colpo tutto nero». Salvo per un caso imprevisto, va incontro alla seconda morte quando la sua Bentley è puntata dalla Volkswagen di un uomo deciso a ucciderlo con una 45 a canna lunga. Ma una Triumph 500-c.c. parte a tutto gas per fare fuori il conducente della Volks con una bomba a mano. Un rocambolesco incidente, uno stridore di freni, e Bond balza fuori incolume.
La terza volta sta per essere soffocato dalle enormi mani di Largo, e ormai sa di essere finito. Ma lo salva la ragazza italiana che ha buone ragioni per piantare una fiocina nel collo di Largo. A fatica i due risalgono in superficie e giacciono bocconi nella conca scavata dalle onde. «Tu devi stare qui. Hai capito? Non devi andare via», ordina lei. Ma quel Bond lì che dorme accanto al suo letto, non tornerà più in piedi.