Nuovo round oggi pomeriggio tra la ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo, la multinazionale Usa Jabil e i sindacati sulla vertenza che riguarda lo stabilimento di Marcianise, in provincia di Caserta. Il sito produce installazioni telefoniche e schede elettroniche: su 710 dipendenti, un primo accordo ha portato a un taglio di 170 unità su base volontaria, giovedì scorso una nuova richiesta di licenziamento per 190 dipendenti.

Le lettere, che sarebbero dovute partire domani, sono già arrivate ai diretti interessati. Ieri un incontro in video conferenza tra la ministra, la sottosegretaria allo Sviluppo economico Alessandra Todde, l’assessora regionale al Lavoro Sonia Palmeri e il rappresentate locale dell’azienda, Clemente Cillo, ha dato esito negativo. «La decisione è stata presa dal board Usa, non ci sono margini di ripensamento» è stata la replica dietro cui si è trincerato il manager. Così l’interlocuzione oggi sarà con i vertici statunitensi, mentre va avanti lo sciopero a oltranza.

«Si tratta di licenziamenti radicalmente nulli – ha affermato Catalfo – perché intimati oltre il termine che la legge prevede, dopo la chiusura della procedura di licenziamento collettivo avviata dall’azienda nel 2019». Inoltre, Jabil ha già fatto ricorso alla cassa integrazione per Covid-19 «evidentemente manifestando l’intenzione di utilizzare uno strumento a carattere straordinario, interamente a carico della finanza pubblica, finalizzato a salvaguardare i livelli occupazionali. Si tratta perciò di una iniziativa assolutamente ingiustificata – la conclusione di Catalfo – sia dal punto di vista sociale sia in contrasto con le disposizioni normative adottate dal governo con il decreto Cura Italia e prorogate con il dl Rilancio», decreti che bloccano i licenziamenti vista l’emergenza Covid-19. Jabil potrebbe ancora utilizzare 9 settimane di cig o attivare il Fondo nuove competenze, previsto dal dl Rilancio, per formare i dipendenti da indirizzare in altre aziende.

La vertenza è iniziata un anno fa, quando furono annunciati 350 esuberi ma i ricollocati si fermarono a 170. I dipendenti rimasti sono finiti in cig da giugno 2019 con taglio degli stipendi. Fiom, Fim e Uilm chiedono di fermare la procedura, confermano lo sciopero e valutano ulteriori forme di mobilitazione per difendere non solo l’occupazione del sito produttivo ma anche la tenuta del distretto industriale casertano, in forte difficoltà.

Jabil venerdì aveva ribadito «l’impegno a favorire un’uscita indolore dei lavoratori», sottolineando che «le iniziative di ricollocamento in altre aziende, sostenute da importanti incentivi economici alle società che assumono, non hanno però avuto finora i risultati sperati a causa di una scarsa adesione da parte dei lavoratori». Il timore dei sindacati, e degli operai, è che la multinazionale affidi ad altri imprenditori i licenziamenti: «I progetti presentati da Jabil vanno monitorati dal Mise – spiega Francesco Percuoco, segretario della Fiom di Caserta -. Non è vero, come invece afferma il gruppo, che i dipendenti non vogliono il ricollocamento. Vogliono giustamente garanzie e il ministero deve vigilare».