Esperienza, emozione, responsabilità, condivisione. Il viaggio, per le donne, è sempre più la ricerca di luoghi indimenticabili fatti di persone, storie, progetti, natura, piaceri da toccare e assaporare, offrendo in cambio qualcosa di sé, contribuendo a sostenere, almeno un po’, le comunità locali. Tra impegno, passione e un pizzico di ironia. Nella loro Guida delle libere viaggiatrici. 50 mete per donne che amano viaggiare, in Italia e nel mondo (Altreconomia), Manuela Biolchini e Iaia Pedemonte ci conducono attraverso mondi insoliti, straordinariamente unici, con una prospettiva decisamente femminile. Il «brand donna» non solo si è conquistato uno spazio di rilievo nel turismo: le donne sono anche quelle che lavorano di più in questo settore. «Sono bravissime a farlo – spiegano le autrici – ma guadagnano meno e faticano a raggiungere posti di prestigio». Fotografia, per niente sbiadita, della differenza di genere che (de)qualifica il lavoro nel nostro Paese.
Mille viaggi dentro a un viaggio. Ma ciò che rende questa guida davvero preziosa e unconventional è la raccolta di voci di chi, con tenacia e coraggio, ha dato vita a idee originali, socialmente utili e green, legate al territorio e alle sue tradizioni, alla riscoperta di lavorazioni antiche e saperi ancestrali. Donne che hanno creato piccole realtà mettendo al centro il rispetto delle regole etiche e sociali, favorendo lo sviluppo locale, dando impulso all’economia solidale e circolare e promuovendo il ruolo delle donne.

Incontriamo le cooperative di artigiane del Marocco che lavorano il pane e l’argan e quelle del Senegal maestre della tecnica del batik; le beduine della Giordania che fabbricano il khol per gli occhi, cuociono il pane nella cenere, arrostiscono il caffe e tessono la lana di capra (le turiste possono unirsi a loro…); le donne di «Sindyanna of Galilee», progetto di business for peace in cui arabe ed ebree lavorano insieme in laboratori dove si intrecciano cesti e si imbottigliano olio, miele e spezie.

Turismo sostenibile è prima di tutto accoglienza: il Ladakh, in India, è un territorio militarizzato conteso tra India, Pakistan e Cina in cui però convivono pacificamente buddisti e musulmani sciiti, con minoranze induiste e animiste. Qui si possono fare meravigliosi trekking dormendo in vere case ladakhi gestite da donne. In Bosnia e Serbia si partecipa a esercizi di memoria storica, a vent’anni dalla guerra. Le amanti della moda non possono perdersi il tour nella Berlino capitale dell’eco-fashion, immersi in concept-store che sembrano set di film fantastici.

Nella guida c’è anche tanta Italia, sorprendente e inconsueta: c’è la Torino delle passeggiate interculturali di Migrantour in compagnia di stranieri. Ci sono i corsi di foraging per imparare a raccogliere cibo selvatico in luoghi incontaminati. Ci sono le «signore» di Sant’Ambrogio, minuscolo paese sulle Madonie, che ci fanno scoprire storie di artigianato, vino e antimafia. Ci sono la Milano e il Nord Italia di Elesta Travel, «forse l’unico tour operator italiano con una direzione artistica» in cui esperti e creativi disegnano su misura itinerari lussuosi tra arte e cultura, creando connessioni tra luoghi, temi, suggestioni. I «tubi» di EquoTube racchiudono le esperienze dell’Italia migliore: natura, benessere, soggiorni responsabili, equo gusto e esperienze di legalità. La «Via Silente» è un itinerario in 15 tappe da fare in bici «che rispecchia la voce delle donne rimaste o tornate in Cilento». Non poteva mancare Venezia, la «città delle donne», che dà anche il nome a uno dei «laboratori in cammino» ideati dalla guida Luana Castelli. Per scoprire la Sardegna più intima possiamo avventurarci in un viaggio all’insegna del magico mondo delle Janas, le fate mitologiche. Infine, ci lasciamo rapire dall’incanto del «Cammino nelle Terre Mutate»: 200 chilometri lungo il Centro Italia colpito dal sisma.