La terza sezione civile della Corte di Cassazione ci ha consegnato una nuova (e ulteriore) sentenza di condanna nei confronti dei ministeri difesa e trasporti a proposito della mancata tutela nei confronti dei passeggeri aerei la sera del 27 giugno 1980. Le due precedenti risalgono, come vi ha ben spiegato il «manifesto» di ieri, al 2009 e al gennaio 2013. La pronuncia vale nell’immediato per la famiglia Davanzali, proprietaria della compagnia Itavia, fallita sei mesi dopo gli eventi, che sostiene da tempo di essere stata rovinata sia dal depistaggio successivo all’incidente, che indicava nel cedimento strutturale la causa della caduta del Dc 9, sia appunto dall’omissione di controllo circa la sicurezza dei cieli italiani quella sera.
Molti si sono chiesti se, e in che misura, la sentenza possa avere un effetto positivo anche sul risarcimento dei parenti delle vittime. La risposta è sì, come ci spiega l’avvocato Daniele Osnato, legale di molti familiari: «Nel processo civile di cui stiamo parlando, il responsabile non è il singolo, l’individuo, ma l’apparato. Vale a dire, la pubblica amministrazione nella figura dei ministeri chiamati in causa. Inoltre, nel civile il sistema di prescrizione è differente dal penale, perché i termini scatteranno dal momento in cui sarà ammesso il depistaggio. Fino a che non viene ammesso, infatti, il depistaggio è da considerarsi in corso. Perciò noi siamo tranquilli, e aspettiamo la conclusione dei procedimenti che abbiamo avviato».
Confortati da questa prima conseguenza, proviamo a cercarne una seconda, e cioé i potenziali risvolti sui giudizi penali. Che si rivelano subito molto più complicati.
Vediamo i passaggi esatti che ci interessano. Scrive la terza sezione (chi vuole, trova il testo integrale sul sito stragi80.it): «Ritiene questa corte che elemento risolutore della controversia sia l’accertamento in fatto, operato nei pregressi gradi di merito ed oramai non più suscettibile di essere rimesso in discussione, della sussistenza  di un’attività di depistaggio». Prosegue la sentenza: «Se depistaggio deve qui aversi per definitivamente accertato… risulta oltretutto persino irrilevante ricercare la causa effettiva del disastro, nonostante la tesi del missile sparato da aereo ignoto, la cui presenza sulla rotta del velivolo Itavia non era stata impedita dai Ministeri della difesa e dei trasporti, risulti oramai consacrata pure nella giurisprudenza di questa Corte (Cass. 5 maggio 2009, n. 10285, ma soprattutto in termini ancora più netti, Cass. 28 gennaio 2013, n. 1871, che afferma, quanto al disastro di Ustica, essere abbondantemente e congruamente motivata la tesi del missile, rigettando definitivamente il ricorso dell’avvocatura erariale avverso l’affermazione in tal senso della corte di appello di Palermo)».
Ora, dal punto di vista penale, il processo ai militari dell’Areonautica ha dimostrato che, sul reato di depistaggio, i termini prescrittivi sono decorsi, tanto che ben 45 imputati dell’istruttoria Priore furono mandati a casa in apertura del dibattimento.
Resta unicamente il reato di strage, il solo per il quale non è prevista la prescrizione. Fin da ora, tuttavia, si può dire che un eventuale imputato, o più d’uno (ma tutti con nome e cognome, perché la responsabilità penale è personale), accusati di avere lanciato il missile sconosciuto, non sarebbero particolarmente aggravati dalla pronuncia in sede civile. Conclude l’avvocato Osnato: «Gli effetti del giudicato civile non sono elementi probatori nel processo penale, possono essere utilizzati soltanto come elementi di orientamento». Come è noto, civile e penale viaggiano oggi (dopo la riforma del 1989) lungo giurisdizioni differenti. Tuttavia, d’ora in avanti, sarà bene che Carlo Giovanardi si adegui, a questo orientamento. Perché vale anche per lui.