Lo sciopero è riuscito, Italo si è fermato. Per la prima volta da quando era entrato in servizio. «Sono 19 i treni soppressi su 37 programmati nella fascia di agitazione – tira le somme nel pomeriggio Salvatore Pellecchia della Fit Cisl – e quelli non soppressi hanno personale scioperante ma comandato in servizio, a seguito delle indicazioni della commissione di garanzia». Fin dal mattino presidi spontanei di lavoratori sono stati ben visibili nelle stazioni di Milano, Roma Tiburtina, Napoli, Venezia, Padova e Firenze, con un volantinaggio ai passeggeri per spiegare i motivi della protesta. Sintetizzabili nella minaccia di Ntv di licenziare quasi il 30% del personale: 246 addetti sui circa 900 complessivi, in particolare gli equipaggi di bordo (steward e hostess) e il personale per l’assistenza a terra.

Lo sciopero si è svolto nelle pieghe della discussione fra azienda e sindacati sulla riduzione del costo del lavoro. Anche l’ultimo incontro fra le parti, svolto alla vigilia dell’agitazione, si è chiuso con una fumata nera. Di qui la protesta, che secondo i sindacati – compatti – ha avuto successo: «La percentuale di lavoratori scioperanti è stata di oltre il 70% del personale in esercizio – fanno sapere Filt Cgil & C. – con punte del 100% nelle sale operative e nella maggioranza dei punti di assistenza, le Case Italo, presenziate da dirigenti e quadri aziendali». Porte aperte, comunque, a nuovi round negoziali: «Confermiamo la disponibilità a trovare un accordo che consenta il mantenimento dei livelli occupazionali e di reddito».

La vertenza è iniziata a marzo, quando il nuovo ad di Ntv, l’ex di Terna Flavio Cattaneo, ha proposto un accordo quadro che prevede l’estensione della solidarietà dall’attuale 8% al 21%, per due anni. In parallelo però, e qui è arrivata la rottura, Cattaneo intende includere un blocco salariale di sette anni. Nel mentre il nuovo piano industriale ha l’obiettivo di potenziare le rotte e la flotta, acquistando fino a dieci nuovi treni nei prossimi due o tre anni, per arrivare al 2020 con una redditività positiva. Dal canto loro, i sindacati hanno subito denunciato che le ambizioni di sviluppo contrastano con la riduzione dell’organico.

Conti alla mano, per la società creata alla fine del 2006 da Luca di Montezemolo con Diego Della Valle, Giovanni Punzo e Giuseppe Sciarrone, nella cui compagine azionaria ci sono Intesa San Paolo, i francesi di Sncf, Generali e Alberto Bombassei (Brembo), gli ultimi anni sono stati complicati. Nonostante l’aumento del fatturato, sia nel 2012 che nel 2013 sono state registrate perdite per 78 milioni, ridotte lo scorso anno a 55 milioni grazie al riconoscimento del Mise dei benefici relativi ai «certificati bianchi». «Un benefit di 18 milioni – spiega la Filt – a fronte dell’impegno a utilizzare, per la nuova flotta, treni con minori consumi energetici. In tutto 53 milioni di sgravi in tre anni».

In aggiunta, con l’arrivo dell’Authority dei trasporti, è stato concesso a Ntv uno sconto del 37% sulle tariffe per l’uso delle linee ad alta velocità, corrispondente a 35 milioni nel 2015. Ma agli occhi dei soci Ntv – che ripianarono il deficit 2013 e lo scorso anno hanno aumentato il capitale sociale a 264 milioni (prima delle perdite d’esercizio) – destano molta preoccupazione i debiti finanziari, che alcune fonti quantificano in più di due volte il capitale sociale, e che sono in fase di ridiscussione con le banche.

«All’inizio – riepiloga la Filt Cgil – tutti erano disponibili al contratto di solidarietà per due anni. Poi l’azienda, alzando l’asticella, ha posto come pregiudiziale il blocco dell’aumento del costo del lavoro per i prossimi sette anni. Un tempo insostenibile, anche per l’assenza di ammortizzatori sociali su quell’orizzonte temporale. Infine Ntv ha aperto ai licenziamenti collettivi, in contraddizione con i piani di rilancio. Noi invece chiediamo il ritiro delle procedure di mobilità per tornare a trattare dei contratti di solidarietà. Senza la mobilità e il blocco salariale, con un calendario di verifiche sull’attuazione del piano e dei risparmi, si può ragionare di un programma di rilancio che, per investimenti e lancio di nuove tratte, può essere credibile»