La nazionale italiana di rugby incontra domani alla stadio Franchi di Firenze (diretta su DMax, 15.00) gli Springboks sudafricani. Tra le due squadre ci sono 12 precedenti, sempre vinti dai nostri avversari. L’ultimo due anni fa a Padova, finì 22-6, e fu forse la sola volta in cui gli azzurri, allora guidati da Jacques Brunel, misero in difficoltà i bokke con un buon primo tempo che si chiuse sull’8-6. La storia dei confronti tra l’Italia e una delle nazioni più titolate nel mondo ovale (due mondiali vinti) si può riassumere in due date: il 12 novembre 1995 a Roma, stadio Olimpico, quando i sudafricani, freschi campioni del mondo, affrontarono per la prima volta gli azzurri e vinsero 40-21; e il 12 giugno 1999, quando a Durban la nostra nazionale in tour subì il peggior passivo della sua storia, un 101 a 0 che resterà per sempre nelle nostre statistiche.

Altri tempi. Quella di oggi è una sfida tra due squadre alla ricerca della propria identità. Il Sudafrica ha perso di brutto (37-21) sabato scorso al Twickenham contro gli inglesi e ha chiuso il Rugby Championship all’ultimo posto vincendo solo due partite casalinghe (Australia e Argentina). L’Italia è uscita con le ossa rotte dal match contro gli All Blacks (68-10) all’Olimpico di Roma e nel tour estivo nelle Americhe è stata sconfitta dai Pumas, vincendo di stretta misura con Canada e Stati Uniti.

Gli Springboks faticano a reggere il passo con un rugby in piena evoluzione tecnica, una difficoltà certificata dalla sconfitta umiliante subita dal Giappone agli ultimi mondiali d’Inghilterra. Sulle ragioni di questo ritardo la nazione arcobaleno si è puntualmente divisa. Per alcuni le cause sono da individuare in un ambiente ancora troppo legato a una mentalità segregazionista, a un rugby “per soli bianchi” o comunque poco “friendly” nei confronti dei giovani neri (che continuano a preferire il calcio). Per altri la colpa è invece da imputare alla volontà di voler imporre a tutti i costi una quota paritaria di giocatori neri (o meticci) e giocatori bianchi in uno sport nel quale i talenti “non bianchi” scarseggerebbero.

Il Transformation Strategic Plan approvato più di un anno fa dal parlamento in realtà non è rivolto soltanto al mondo del rugby ma a tutte le realtà sociali sudafricane: è però sul rugby che si sono innescate le polemiche più accese. Il progetto prevede che per la coppa del mondo del 2019 la rosa degli Springboks sia composta per almeno un 50 per cento di giocatori non bianchi, direttiva che per ora è rimasta a livello di pura indicazione dal momento che la federazione sudafricana (Saru) non ha mai compiuto passi concreti per realizzarla. La risposta del governo è giunta nell’aprile scorso dal ministro per lo sport, Fikile Mbalula, il quale ha annunciato il blocco di ogni iniziativa volta a ospitare grandi eventi sportivi internazionali, e dunque anche la candidatura sudafricana ai mondiali di rugby del 2023. Controreplica: se sono buoni neri e meticci giocano, in fondo abbiamo in nazionale stelle di prima grandezza come Bryan Habana, J.P. Pietersen e Tendai Mtawarira, perché non dovremmo convocare i campioni bianchi solo perché sarebbero in sovrannumero?

La polemica andrà presumibilmente avanti a lungo. In Sudafrica sono ancora troppi i bianchi che tendono a mettere “tra parentesi” la questione dell’apartheid, relegandola in un passato remoto e ormai concluso. Intanto alla guida dei bokke c’è il coloured Allistair Coetzee, nominato nell’aprile scorso proprio per stringere i tempi sul processo di integrazione e da subito sottoposto a una scarica di critiche: “Non è il migliore, la sua è una nomina solo politica”.

Nel mentre gli Springboks stentano e sono scivolati al quarto posto nel ranking mondiale. Nel XV titolare che Coetzee manda in campo a Firenze i non bianchi sono quattro: Paige, Habana, Mtawarira e De Allende. Giocano: Le Roux; Combrinck, Venter, De Allende, Habana; Lambie, Paige; Whiteley, Alberts, Carr; De Jaeger, Du Toit; Koch, Strauss, Mtawarira.
Conor O’Shea ha invece annunciato quattro cambi nella formazione azzurra. Fuori causa infortuni Esposito, Mbanda, Ghiraldini e Lovotti, il loro posto è preso rispettivamente da Venditti, Minto, Gega e Panico. Giocano: Padovani; Bisegni, Benvenuti, McLean, Venditti; Canna, Bronzini; Parisse, Favaro, Minto; Van Schalkwik, Fuser; Cittadini, Gega, Panico.

A Firenze è previsto tempo infame e pioggia a catinelle. Si giocherà su un fondo pesante, con gran dispendio di energie e tanto lavoro per gli uomini del pack, settore dove gli Springboks sanno far valere la loro strapotenza fisica.
Gli altri test match in programma: Scozia-Argentina, Francia-Australia, Inghilterra-Figi, Galles-Giappone e, soprattutto, Irlanda-Nuova Zelanda, partita attesissima dopo la vittoria irlandese di quindici giorni fa a Chicago.