La conferma che il passaggio da Alitalia a Ita è un pastrocchio del governo sotto i diktat di Bruxelles sta tutto nell’articolo 7 del decreto Infrastrutture e mobilità sostenibili annunciato ieri da Draghi e Giovannini. Nel comunicato di palazzo Chigi – il testo non è ancora in Gazzetta ufficiale sebbene la bozza sia confermata – sono citate due norme che riducono in gran parte gli asset dell’Alitalia commissariata e modificano il decreto precedente certificando la «rottamazione» dei dipendenti che non verranno riassunti.

Sul sito del governo si legge: «Nell’ambito delle procedure per il trasferimento dei complessi aziendali di Alitalia, si prevede che a seguito della cessione totale o parziale dei compendi aziendali del ramo «aviation», gli slot aeroportuali non trasferiti all’acquirente siano restituiti all’amministrazione straordinaria, in quanto responsabile dell’assegnazione delle bande orarie sugli aeroporti individuate ai sensi del Regolamento Cee 95/93».

Dal grigio gergo burocratico emerge un cambio di dizione molto preciso. Lo spiega il professor Ugo Arrigo, fra i massimi esperti della materia in Italia, che sul manifesto aveva anticipato la necessità di un nuovo decreto per ovviare agli errori precedenti: «Il governo si è accorto che con l’espressione “cessione del ramo d’azienda” usata nel decreto precedente, convertito in legge il 23 luglio, avrebbe dovuto trasferire anche i relativi dipendenti a Ita. Con la nuova formulazione si prevede la cessione di “singoli beni o parti di rami d’azienda” evitando dunque di assorbire la “zavorra” del personale: questa – conclude Arrigo – è la rottamazione dei dipendenti Alitalia».

Quanto agli slot la questione è complessa normativamente ma semplice dal punto di vista del conto economico e dunque delle perdite che avrà lo stato nel passaggio fra Ita e Alitalia. Ita ha deciso – su diktat della commissaria europea alla Concorrenza Margrethe Vestager – di partire con soli 52 aerei (su 110 totali) e per questo ha chiesto solo il 43% degli slot (i corridoi orari per volare) di Fiumicino e l’83% di Linate. Alitalia smetterà di volare il 15 ottobre e dunque sarà costretta a restituire gli slot non più utilizzati ad Assoclearance, l’associazione che li gestisce in Italia. Se è vero che gli slot italiani non si vendono direttamente come accade per quelli degli aeroporti europei più congestionati – Etihad si comprò da Alitalia a prezzi di saldo quelli del londinese Heathrow – è chiaro che Alitalia perde asset preziosi a causa del decollo di Ita in formato nano. Il tutto mentre Ryanair continua a comprare slot e aprire nuove tratte, accaparrandosi quote di mercato post Covid a cui avrebbe potuto puntare la nuova compagnia. Possibile beffa delle beffe: Ryanair ha annunciato che parteciperà al bando per il marchio Alitalia. Se se lo aggiudicasse, l’intero castello di Ita crollerebbe prima del decollo.

In tutto questo rimane ancora nel limbo la trattativa diretta fra Ita e Alitalia per la cessione di aerei e slot (il cosiddetto «perimetro aviation») con un’unica certezza: nemmeno gli sbandierati 100 milioni sono reali, l’offerta di Ita è ancora più bassa della cifra già fuori mercato uscita in questi giorni. Più che «offerta simbolica» siamo a un’offerta scandalosa.

Su tutti questi temi i commissari Alitalia «hanno preferito non rilasciare commenti», confermando implicitamente il contesto.

Intanto la Cub – sindacato escluso dal tavolo con Ita – annuncia un nuovo sciopero per il martedì 7 con presidio dalle 13 alle 17 al Terminal 3 dell’aeroporto di Fiumicino.