La stagione di passione giudiziaria per Ita airways registra una nuova tappa negativa. Dopo le sentenze di rientegro di oltre 270 ex lavoratori Alitalia per «cessione di ramo d’azienda», ora arriva un pignoramento di quasi 9,5 milioni di euro dai conti della società. Che mette a dura prova la liquidità di Ita, già in difficoltà per la gestione disastrosa di Altavilla, ancora in attesa del via libera dell’Antitrust europeo per l’acquisizione da parte di Lufthansa.

Dopo che lo scorso 30 agosto la Corte di appello del tribunale del lavoro di Roma aveva rigettato il ricorso della compagnia aerea che chiedeva la «sospensione dell’esecuzione della sentenza» che a giugno reintegrò di 77 dipendenti ex Alitalia, ben 71 di questi lavoratori hanno deciso di pignorare le somme dovuto a titolo risarcitorio. Il giudice del Lavoro infatti aveva dichiarato «il diritto alla prosecuzione del rapporto di lavoro alle dipendenze di Ita con decorrenza dal 15 ottobre 2021», giorno del decollo della nuova compagnia nata con il 99% di aerei, slot e lavoratori Alitalia, condannando «altresì Ita al pagamento, in favore dei lavoratori, delle retribuzioni maturate dalla decorrenza da ultimo indicata», dunque gli stipendi arretrati, insieme ai contributi. Ma la compagnia ha pagato sole le paghe base, non quella lorda stabilita dal giudice e si è rifiutata di pagare la differenza per lunghi mesi.

Il 23 novembre gli avvocati Pierluigi Panici e Carlo Guglielmi, per conto di 71 creditori, «procedevano a notificare alla società atto di precetto gli importi residui, aumentati come prevede la legge (articolo 546 del codice di procedura civile)», indicando come «terzi» sei istituti di credito (Unicredit, Intesa, Mps, Credit Agricole, Bnl e Santander) nelle quali Ita «ha depositi per rilevanti somme». Ita non ha pagato nei 10 giorni previsti e così è partito il pignoramento sul conto della Credite Agricole.

Il 28 febbraio è prevista l’udienza per l’assegnazione delle somme pignorate.

La risposta di Ita airways è improntata ancora alla battaglia legale. L’azienda ha avviato procedimenti disciplinari nei confronti di buona parte dei lavoratori, sostenendo che non si siano presentati alle visite mediche per le riassunzioni. Al primo appuntamento non ha risposto nessuno, al secondo avrebbero risposto soltanto in 18. Dunque 53 lavoratori e lavoratrici, secondo la società, «non si sono fatte vive». Partito l’iter per il procedimento disciplinare, seguito dalla contestazione, Ita intende arrivare al licenziamento delle 53 persone.

«Si tratta di una ritorsione per aver chiesto le retribuzioni arretrate – risponde l’avvocato Panici – la convocazione per l’assunzione a distanza di quattro mesi dal reintegro è quanto meno pretestuosa se non grottesca. E comunicata con un breve anticipo per recarsi a Roma. Ovviamente, i lavoratori si sono dichiarati disponibili per una seria visita medica di idoneità, essendo già stati reintegrati da molti mesi. Ogni provvedimento disciplinare sarà impugnato dal giudice del lavoro», conclude Panici.