«Interrogare, interrogare, interrogare» ripete Haim Tomer, ex capo di due divisioni del Mossad. «Prevenire, prevenire, prevenire» ribatte Gilles de Kershov, coordinatore dell’Unione europea per l’antiterrorismo. Due concezioni lontane solo in apparenza su «cosa fare» dopo gli ultimi attacchi compiuti in Francia e Germania da presunti “lupi solitari” dello Stato islamico. In realtà sono sempre più vicine. L’Europa guarda con crescente interesse al «modello di sicurezza» di Israele. E lo Stato ebraico è felice di metterlo in vendita. Due giorni fa al Convention Center di Tel Aviv si è svolta la seconda Conferenza internazionale sulla Sicurezza e le Forze Speciali. Presenti il ministro Israel Katz, esperti, analisti e per il Mossad, oltre a Haim Tomer, la celebre agente “Yula”. Numerosi gli stranieri giunti da diversi paesi, Giordania inclusa. Accanto alla sala della conferenza è stata allestita una sorta di fiera di armi, tecnologie di sicurezza, sistemi di cyberwar e altre produzioni delle più famose imprese israeliane del settore. Ci siamo andati anche noi.

La prima cosa che abbiamo notato è che alla conferenza di promozione del “modello israeliano” di sicurezza, le guardie agli ingressi non ci hanno controllato documenti e zaino. L’altra è che diversi interventi, più che prendere in esame gli aspetti peculiari della sicurezza, hanno affrontato questioni politiche. La situazione a Gaza e in Cisgiordania in primis. Quindi si è parlato delle similitudini tra gli attacchi nei Territori occupati compiuti da palestinesi contro soldati e coloni israeliani con coltelli e auto e quelli di militanti dell’Isis in Europa, messi sullo spesso piano anche se hanno motivazioni e radici molto lontane. Non sono emerse soluzioni risolutive per i “lupi solitari”. Così, alla prima occasione, abbiamo posto alla persona a nostro avviso più indicata, Haim Tomer, ex alto dirigente del Mossad, di spiegarci il “modello israeliano” e perchè l’Europa dovrebbe adottarlo. «Il nostro modello si basa su di un punto centrale: individuare i potenziali terroristi», ha risposto Tomer. Come si fa? «Per arrivare a questo obiettivo – ha aggiunto l’ex agente segreto – occorrono tre componenti: le risorse umane, la tecnologia e il modo di operare. Il problema dei “lupi solitari” deve essere affrontato con la capacità di ogni singolo operatore di sicurezza di individuare, sulla base del suo giudizio e delle sue esperienze, i potenziali attentatori». In Israele, ha proseguito Tomer, «le guardie di sicurezza e i poliziotti sono addestrati a capire se una persona è sospetta. Da parte sua l’intelligence deve indicare coloro che vanno interrogati, anche se non si hanno elementi sufficienti. L’interrogatorio è il punto centrale, perchè tra i tanti che vengono arrestati si possono individuare quei 2-3 che hanno collegamenti con i terroristi. In ogni caso va bene anche come forma di eterrenza perchè gli interrogati, una volta rilasciati, sanno di essere sotto osservazione».

Attraverso la promozione del suo modello di sicurezza, Israele sembra puntare al riconoscimento dei Paesi occidentali dei sistemi che usa con i palestinesi sotto occupazione, sino ad oggi condannati dai centri e dalle istituzioni che tutelano i diritti umani. Corti militari, detenzione “amministrativa” senza accuse precise e senza processo, arresti arbitrari, raid notturni che vedono tanti palestinesi finire in manette, interrogati per giorni non in presenza di un avvocato, allo scopo di ottenere altri nomi di persone da cercare, arrestare e interrogare. Un modello che prevede l’individuazione, chiaramente su base etnica e religiosa, di “potenziali terroristi” e, di conseguenza, la limitazione di diritti per chi appartiene alle comunità e ai gruppi selezionati. «L’Europa deve decidere cosa è più importante, la vita umana o la libertà – ci dice in conclusione Haim Tomer – non dico di abolire i diritti dell’individio ma di emendarli. Occorre cambiare il sistema europeo». E l’Europa è sempre più vicina a tutto ciò. «Ci sono voluti cinque anni per ottenere il via libera dell’Europarlamento all’accesso ai dati personali dei passeggeri delle compagnie aeree in modo da poter selezionare i profili di potenziali jihadisti. L’Europa per ragioni storiche tiene