Carri armati israeliani ieri sera erano diretti verso la Striscia di Gaza a conferma della gravità dell’escalation innescata dalla decisione del premier israeliano Netanyahu di riprendere la politica delle esecuzioni mirate di palestinesi. Un passo che ha dato il via a una spirale di attacchi e rappresaglie e all’annuncio da parte dell’organizzazione del Jihad islami di essere pronta anche alla guerra aperta pur di vendicare Bahaa Abu al Ata, il suo comandante militare a Gaza ucciso, assieme alla moglie, dall’esplosione di un drone “kamikaze” o da un missile israeliano lanciato contro il suo appartamento a Shujaye, a est di Gaza city. A fine giornata 10 palestinesi, inclusi Abu al Ata e sua moglie, sono stati uccisi dai raid aerei israeliani. Altre decine sono stati feriti. I razzi lanciati da Gaza, 190 fino a ieri sera, diversi dei quali sono stati intercettati dal sistema Iron Dome, hanno raggiunto diverse città israeliane del centro e del sud del paese e la periferia di Tel Aviv. Hanno fatto una quarantina di feriti leggeri e danni materiali. In un caso un razzo è caduto vicino a un incrocio stradale mentre transitavano alcune automobili, non ci sono stati feriti.

 

L’attacco ad Abu al Ata era in preparazione da tempo. Ad dirlo indirettamente è stata l’immediata decisione del governo Netanyahu di chiudere le scuole e di proclamare l’allerta generale subito dopo l’uccisione del comandante del Jihad. Ne era stato informato in anticipo anche Benny Gantz, rivale di Netanyahu e leader del partito Blu Bianco, uscito vincitore di misura dalle elezioni del 17 settembre ed incaricato di formare il nuovo governo. Il raid inoltre è avvenuto nel giorno in cui si è insediato il nuovo ministero della difesa, il nazionalista religioso Naftali Bennett. Negli stessi minuti in cui Abu al Ata veniva ammazzato assieme alla moglie – l’esplosione ha danneggiato anche un istituto scolastico dell’Unrwa -, un altro raid aereo israeliano è avvenuto su Damasco, contro l’abitazione del capo militare della Jihad all’estero, Akram Ajoury. Quest’ultimo è scampato alla morte ma il missile ha ucciso il figlio e un altro civile e fatto diversi feriti. Un duplice attacco al Jihad accusato da Israele di agire sotto il comando dell’Iran ed incaricato da Tehran di tenere sotto pressione il territorio meridionale dello Stato ebraico. I palestinesi da parte loro hanno un’altra spiegazione della ripresa degli omicidi mirati. Accusano Netanyahu di aver innescato l’escalation al solo scopo di rovesciare le carte sul tavolo della politica israeliana che al momento non lo riconfermano ai vertici del potere.

 

Tesi che a mezza bocca trova consensi proprio in Israele. La sostiene indirettamente Avigdor Lieberman, avversario di destra di Netanyahu. Parlando in tv Lieberman ha riferito che un anno fa, quando era ministro della difesa, fu lui ad autorizzare l’assassinio di Abu al Ata ma Netanyahu lo bloccò. Il premier uscente, lascia intendere Lieberman, usa la forza contro Gaza e il Jihad Islami per impedire la nascita in Israele di un governo senza il suo partito, il Likud. Non a caso ieri si sono fatte più insistenti le pressioni di chi chiede un governo di unità nazionale, con Gantz e Netanyahu insieme. E forse a pensarla come Lieberman, ma non può dirlo mentre i razzi volano su Israele, è Gantz. Il capo di Blu Bianco si è affrettato ad assicurare che l’escalation con Gaza «non avrà effetti sul processo politico in corso». Netanyahu da parte sua sostiene di aver agito per eliminare l’uomo considerato il responsabile del lancio di centinaia di razzi. «Bahaa Abu al Ataa si preparava a realizzare nuovi attacchi», ha dichiarato in conferenza stampa. Gli interrogativi sulle presunte manovre di Netanyahu non hanno però reso più bilanciati i comunicati diffusi ieri dall’Unione europea che condannano esclusivamente i razzi contro Israele ma non contengono riferimenti all’omicidio mirato di Abu al Ata, che ha innescato l’escalation in un periodo di calma relativa lungo le linee tra Gaza e Israele.

 

Ieri sera erano in molti a ritenere decisive le ore della notte per capire quale direzione prenderà l’escalation: una nuova guerra contro Gaza o il ritorno alla tregua raggiunta lo scorso maggio con la mediazione dell’Egitto. Il Cairo è intervenuto di nuovo per calmare la situazione ma senza successo. Il Jihad vuole combattere. Tuttavia non è sfuggito che Hamas, pur affermando di essere accanto al Jihad contro Israele, abbia mantenuto un profilo relativamente basso. Ieri sino al tramonto le Brigate Ezzedin al Qassam, l’ala militare del movimento islamico che controlla Gaza, non hanno partecipato ai lanci di razzi. Hamas non è interessato a un conflitto ampio con Israele e non intende andarci per Bahaa Abu al Ata, capo militare di una organizzazione “cugina” ma rivale, che si era espresso più volte contro qualsiasi ipotesi di tregua con Israele al quale invece il movimento islamico è interessato. In tarda serata un portavoce del Jihad ha riaffermato la volontà dell’organizzazione di combattere e ha annunciato «mosse sorprendenti» che sconfiggeranno Israele.