«La minaccia nucleare iraniana deve essere neutralizzata una volta per tutte, con o senza un accordo». Questo chiaro appello all’uso della forza militare contro Tehran – che nega di volersi dotare di armi atomiche – è stato lanciato ieri dal presidente di Israele, Isaac Herzog, dopo il colloquio con il consigliere per la sicurezza nazionale degli Usa, Jake Sullivan. Tel Aviv vuole un attacco aereo e missilistico contro le centrali dell’Iran ma non riesce a trovare una intesa con l’Amministrazione Biden che resta, per ora, favorevole a una soluzione diplomatica della crisi con Tehran. Barak Ravid, giornalista diplomatico ben informato, ha scritto che alcuni funzionari israeliani che hanno partecipato agli incontri avuti ieri a Gerusalemme da Sullivan con Herzog, il premier Bennett, il ministro degli esteri Yair Lapid e quello della difesa Benny Gantz, si sono detti soddisfatti dalle rassicurazioni date da Washington «pronta a prendere una linea più dura nei confronti dell’Iran, se necessario».

Sullivan avrebbe delineato tre possibili scenari: un accordo (improbabile) per tornare al pieno rispetto dell’accordo del 2015; un’intesa che impedisca all’Iran di accelerare il suo programma; nessun accordo e nuove sanzioni e pressioni sull’Iran. Sullivan ha chiarito che la finestra per ulteriori colloqui a Vienna potrebbe chiudersi entro la fine di gennaio o l’inizio di febbraio e avrebbe espresso un profondo scetticismo sulle possibilità di raggiungere un accordo. Bennett, Lapid e Gantz da parte loro si sono detti contro un accordo provvisorio e hanno chiesto il mantenimento delle sanzioni che colpiscono l’economia iraniana. L’Iran sta attualmente arricchendo l’uranio al 60%, ben oltre il 3,67% consentito dall’accordo del 2015, ma non oltre la soglia del 90% che consente di assemblare ordigni nucleari.