Deborah Paci ci porta in un viaggio nel Mar Baltico e nel Mare Mediterraneo per soffermarsi sulla storia contemporanea di Gotland, Hiiumaa, Saaremaa, Ruhnu e delle Isole Åland da una parte, di Corsica, Sardegna, Sicilia e Malta dall’altra (Between the Seas: Island Identities in the Baltic and Mediterranean Seas, London, Bloomsbury Academic, pp. 256, £ 85). Non si tratta però di narrazioni casuali o sprovvedute, ma dell’adozione di un arsenale analitico elaborato, a livello internazionale, da studiosi di storia, geografia e società accomunati dall’interesse di comprendere il peso della condizione isolana sulle opportunità di sviluppo degli abitanti. Gli Island Studies a cui l’autrice fa riferimento, oltre alla situazione geografica considerano di primaria importanza il linguaggio con cui si raccontano e vengono raccontate le isole, in quanto condetermina l’azione politica nei loro confronti.

FONDAMENTALE è, secondo Paci, distinguere tra il discorso sull’«insularità» (insularity) e quello sulla «condizione isolana» (islandness). Il primo guarda alle isole sotto l’aspetto fisico-geografico del distacco dalla terraferma interpretandolo come «isolamento»: a volte per affermare con orgoglio la peculiarità dell’isola, altre per considerare l’insularità come uno svantaggio economico a cui va ovviato con la creazione di migliori legami con la terraferma. Come altri esponenti degli Island Studies, Paci ritiene insoddisfacente un simile approccio.

VA INCLUSO invece nell’analisi, secondo lei, l’immaginario della «condizione isolana», ossia la (auto)rappresentazione politica e culturale dei luoghi. Si indagano quindi quei tipi di discorso a cui la stessa «insularità» appartiene, ma occorre sondare molti altri aspetti. Dalla fine del Settecento a oggi, la nazionalità delle isole o viceversa i loro desideri di autonomia, sono due temi di particolare rilievo per le loro vicende storiche. Al contempo, si tratta di isole «mediterranee» e «nordiche».

COME GODFREY BALDACCHINO rileva nella prefazione, un merito particolare dello studio di Paci risiede nella comparazione di isole appartenenti a due bacini marittimi che si connotano per una forte regionalizzazione. Di conseguenza, si tratta di ponderare anche come le isole si descrivano o siano descritte in relazione all’idea nordica e di mediterraneità. Inoltre, sono d’interesse i riferimenti all’isolamento paradisiaco ai fini della promozione turistica, così come quelli all’Europa e alle grandi alleanze geostrategiche ma anche alla connettività marittima con delle sponde «altre» che sfuggono ad appartenenze e schieramenti.

NON VI È SPAZIO QUI per dettagliare come il libro adotti tali criteri per rileggere l’inserimento delle varie isole indagate nelle fratture nazionalistiche e geopolitiche degli ultimi secoli – se non, forse, dando risalto al caso originale delle Åland che diventano «arcipelago della pace» in mezzo alla Guerra fredda. Né possiamo allargarci qui sull’island branding commerciale e altri aspetti interessanti.

PACI CRITICA il ricorso alla «insularità» da parte di molte isole, soprattutto mediterranee. Rilevano la propria perifericità nella negoziazione di aiuti vedendosi premiate da una politica regionale dell’Ue che imputa sommariamente il sottosviluppo all’isolamento geografico. Il limite marittimo si traduce così in una domanda di legittimazione su cui fanno leva forze politiche e interessi economici.

L’autrice vede in questo perpetuarsi di dinamiche «insulariste» un’opportunità mancata. Per lei una prospettiva migliore risiederebbe nel fattivo riconoscimento della facilità relativa delle isole di potersi connettere e cooperare con quanto sta oltre il confine liquido.