Il 26 maggio 2020 è morta Irm Hermann all’età di settantasette anni. L’attrice tedesca era nota per essere apparsa in una ventina di film a firma di Rainer Werner Fassbinder, regista del Nuovo Cinema Tedesco che divenne famoso in Italia con Il matrimonio di Eva Braun del 1978. Irm Hermann aveva iniziato la sua carriera con lui nel lontano 1966. All’epoca lavorava come segretaria di redazione di un settimanale a Monaco e aveva partecipato a un corso di drammaturgia essendo stato il suo sogno sin da adolescente quello di fare l’attrice. Fassbinder, anche lui frequentatore dello stesso corso, l’aveva ingaggiata per girare il suo primo cortometraggio Der Stadtstreicher (titolo inglese The City Tramp) e in una intervista apparsa su «Der Spiegel» del 2002 lei parla di quella sua prima esperienza sul set: l’aveva avvolta nel suo accappatoio personale, le ha spiegato brevemente la scena e – Azione! La macchina da presa era partita subito. La metodologia era tipica per quel periodo e soprattutto per lui, Fassbinder, con cui poi Hermann avrebbe fondato – assieme a Hanna Schygulla e altri – il gruppo teatrale antiteater, un piccolo ensemble ristretto che avrebbe in seguito realizzato un bel numero di film importanti.

IRM ERA RIMASTA subito affascinata dai grandi occhi marroni di Rainer, da lei definito come «paffuto e cicciottello, con tanti brufoli e sempre vestito con jeans troppo stretti». Lei si era subito licenziata per andare a collaborare con lui, in teatro, dove inizialmente il denaro mancava sempre, per cui vivevano alla giornata, giocavano a flipper e sognavano di fare il grande cinema. Un sogno che pochi anni dopo si sarebbe realizzato, film dopo film, nei quali Irm Hermann impersonava quasi sempre il ruolo di una donna borghese perbenista, rimanendo per lo più una figura ai margini o sullo sfondo, ma che grazie al suo sguardo acuto bucava comunque lo schermo accanto alle donne e ai ruoli più affascinanti di lei. Con la sua silhouette esile, i capelli corti rossicci e quegli occhi chiari aveva un qualcosa che colpiva. La parte da leone – e forse quella più memorabile – rimane la «sua« Marlene in Le lacrime amare di Petra von Kant del 1972, donna a servizio della Petra interpretata magistralmente da Hanna Schygulla, giusto un anno dopo aver trionfato ai cosiddetti Filmpreise (i Donatello tedeschi) per l’apparizione da protagonista in Il mercante delle quattro stagioni del 1971 impersonando il personaggio di Irmgard Epp, la moglie del mercante del titolo.

ALLA MORTE prematura di Rainer Werner Fassbinder, Hermann aveva già rafforzato la sua presenza in teatro a Berlino (soprattutto alla Freie Volksbühne, più tardi anche al Berliner Ensemble), dove si era trasferita già verso la metà degli anni settanta dopo aver rotto con lo stesso regista, allontanandosi anche dal gruppo ristretto di attori attorno a lui. Aveva partecipato ancora ad altri due titoli, dopo, realizzati entrambi da Fassbinder nel 1980: il serial televisivo in quattordici episodi Berlin Alexanderplatz nel ruolo di Trude e Lili Marleen nel ruolo della infermiera.
Nello stesso periodo era apparsa nel Woyzeck di Werner Herzog accanto a Klaus Kinski ed Eva Mattes impersonando anche qui un ruolo minore, la serva Margret, sul set in Polonia, le cui riprese erano durate soltanto diciotto giorni, mentre per il montaggio il regista appena uscito dalla grande avventura del Nosferatu impiegò appena quattro giorni per la giustapposizione delle sequenze girate – a dire degli attori – quasi tutte in un unico ciak. A Cannes nel 1979, il premio per la miglior attrice non protagonista è andato però a Eva Mattes, la giovane moglie uccisa dall’impazzito Klaus Kinski alias Woyzeck. Di grande intensità è stata l’interpretazione di Hermann sullo schermo dell’attivista partigiana Else Gebel, che aveva lottato assieme a Sophie Scholl negli anni trenta contro il regime nazista, nel film Fünf letzte Tage di Percy Adlon nel 1982 (un regista tedesco noto in Italia per Bagdad Cafè).

COSÌ COME era intrigante la «sua» Winn Wigmore accanto alla suora combattiva Marie Ward, entrambe impegnate nella lotta per la carità e la vita sociale contro preti e papi durante la guerra dei trent’anni in una Germania invasa dalla peste nel film omonimo di Angelika Weber. Persino nelle apparizioni in film televisivi Irm Hermann faceva attenzione ai personaggi che andava interpretando, così per due anni (1995/96) risolveva crimini e omicidi nei panni della capa di una squadra speciale in una serie gialla, mentre per oltre vent’anni continuava ad apparire in ruoli fondamentali nella serie poliziesca più famosa e importante della prima rete tedesca, la Ard, dal titolo Tatort, per la quale persino Samuel Fuller aveva girato un episodio nel 1973: Tote Taube in der Beethovenstrasse ( Piccione morto in via Beethoven). Particolarmente intrigante tra gli episodi con Irm Hermann è Wofür es sich zu leben lohnt (Un motivo per vivere) del 2016, in cui assieme alle compagne di lavoro di un tempo, le più o meno coetanee Hanna Schygulla e Margit Carstensen, l’attrice già settantatreenne prende parte a un trio femminile riunitosi in una casa abbandonata in campagna per condurre una vita ritirata e al contempo portare a termine un piano di vendetta: eliminare di nascosto e in modo sicuro un imprenditore tessile, responsabile della morte di oltre mille donne lavoranti in una fabbrica nel Bangladesh saltata in aria.

L’ASPETTO più interessante di Tatort è che in ogni puntata viene affrontato un tema di attualità politico-sociale sotto forma di un delitto, motivo per cui è un must in prima serata di domenica per molti telespettatori. Lo stile di regia spesso è più originale di tanti film realizzati per il grande schermo con tanto di elementi surreali o sequenze di immagini deliranti. E non mancano mai cameo di attori famosi. L’ultimo ruolo di Hermann risale al 2018, quando interpreta la madre di un editore in una miniserie storica del 2018. L’attrice era stata molto attiva anche nella lettura di testi per i cosiddetti Hörbücher, ossia «libri da ascoltare», un medium molto diffuso in Germania, e ben curato al pari dei radiodrammi. Fra i suoi ruoli «vocali» c’è quello di Emmy Sonnemann, la seconda moglie di Hermann Göring, nel radiodramma storico Enigma Emmy Göring di Werner Fritsch, vincitore nel 2006 del premio al miglior radiodramma. Ma va detto che Enigma Emmy Göring deve il suo grande successo a lei, essendo questa lettura paragonabile a un one-woman-show in cui tutto gira attorno al colore marrone: figlia di un fabbricante di cioccolato, Emmy rimase da subito affascinata dai toni delle camicie dei nazisti per cui sposò uno dei gerarchi del regime. Quella donna, dolce e assetata di potere, Irm Hermann ha saputo interpretarla grazie alle sue straordinarie capacità attoriali, visto che questo audio-ritratto implicava anche entrare nei panni del marito e dello stesso Hitler. Una volta di più ha dimostrato qui la versatilità come attrice a tutto tondo, caratteristica appresa nel periodo dell’antiteater in cui tutti facevano un po’ di tutto essendo spesso la mancanza di fondi la madre della creatività.