Donald Trump per una volta alza il piede dall’acceleratore ma continua a non escludere un attacco militare contro l’Iran. Dopo aver accusato subito, senza prove, la Guardia rivoluzionaria iraniana di essere responsabile di due attacchi a sei petroliere nei pressi dello Stretto di Hormuz, avvenuti il 12 maggio e la scorsa settimana, a sorpresa in un’intervista a Time Magazine ha ridimensionato l’accaduto. «Sino ad ora è stata una cosa molto limitata», ha detto «altri paesi si riforniscono ampiamente di petrolio in questa regione (..) per noi si tratta di quantità molto limitate».

Si tratta del classico gioco del bastone e della carota. Trump ha appena ordinato l’invio di altri 1000 militari Usa in Medio Oriente (dopo i 1.500 ordinati il mese scorso) e, più di tutto, ha ribadito che in guerra ci andrebbe «certamente per la questione delle armi nucleari». Armi che Tehran non possiede come hanno potuto accertare le periodiche e rigide ispezioni dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica sulla base dei criteri stabiliti quattro anni con la firma dell’accordo Jcpoa dal quale Trump è uscito un anno fa annunciando nuove sanzioni contro l’Iran. Anche il Segretario di Stato Mike Pompeo nega che la Casa Bianca stia andando verso una nuova guerra. Durante un incontro con i comandi militari, il capo della diplomazia Usa (e uno dei falchi dell’Amministrazione) ha negato che Trump voglia attaccare militarmente la Repubblica islamica e ha insistito sul (presunto) carattere di deterrenza della politica americana verso Teheran.

Ben diversa è la lettura degli eventi del Segretario generale dell’Onu Antonio Guterres che non ha nascosto la sua preoccupazione. «Spero che la situazione sia sotto controllo, perché il mondo non ha bisogno di un altro grande confronto nella regione», ha risposto a chi gli chiedeva un commento all’invio di altri soldati Usa in Medio Oriente. Fa bene Guterres ad essere preoccupato. Le voci circolate nelle ultime settimane sono inquietanti, con la Casa Bianca che, in base ad alcuni piani non confermati, potrebbe decidere di inviare fino a 120 mila soldati nell’area del Golfo e ha già approvato il dispiegamento nella regione di uno squadrone di 12 caccia da combattimento, di aerei spia, di alcune batterie di missili Patriot, di una task force di bombardieri B-52 e della portaerei Abraham Lincoln.