Per la prima volta l’Europa potrebbe rimanere senza una città candidata ai Giochi olimpici invernali del 2026. Cadute, dopo i rispettivi referendum le candidature di Sion, Innsbruck e Graz, adeguate a sostenere un tale impegno sono rimaste Stoccolma e la triade Cortina-Milano-Torino, ma la capitale svedese corre verso un voto politico che coinvolge anche la candidatura olimpica, già ora poco apprezzata.

Il governo italiano invece mostra entusiasmo solo dopo che i costi presentati dalle tre città sono stati sforbiciati dal Coni: oggi il preventivo è pari a 375 milioni di euro, un quinto di quanto speso per Torino 2006. Da accontentare sono in molti, e l’esercizio di equilibrismo proposto dalla giunta del Coni, una multicandidatura, trova il via libera del Cio in virtù del timore che il voto svedese porti a una situazione imbarazzante. Così Giovanni Malagò ha pensato di spalmare le Olimpiadi dalla pianura alle Alpi, passando dai duecento metri di quota di Milano a duemila del Sestriere, con qualche gara anche a Cortina.

La soluzione «innovatrice» si schianta contro l’insurrezione della maggioranza cinquestelle di Torino che non vuole le Olimpiadi, e solo obtorto collo ha accettato la mediazione proposta dalla sindaca Chiara Appendino di una candidatura «con i paletti». Tra cui: valutazione costi-benefici e nessuna candidatura multicittadina. Condizioni votate in Consiglio comunale dal M5S, nemmeno in forma compatta dato che due consigliere rifiutano il loro assenso. Condizioni per farsi respingere dal Coni, voltare pagina e non rischiare una crisi di giunta.

Il Coni invece dice «sì» anche a Torino, ignorando le condizioni deliberate dal Consiglio comunale, concedendo qualche gara sul ghiaccio. Per ragioni economiche viene negata la costosa ristrutturazione della pista di bob di Cesana, ormai un rudere nonostante sia costata solo 12i anni fa 110 milioni di euro: si correrà a Cortina. Abbandonato al suo destino anche l’altro rudere, il trampolino di Pragelato, costo nel 2006 pari a 34 milioni di euro. Si salterà in val di Fiemme.

La sindaca di Torino, a sorpresa, in una lettera dichiara «disponibilità» per il progetto Malagò. Ma la sua maggioranza si rivolta. Quattro consiglieri – Daniela Albano, Damiano Carretto, Viviana Ferrero e Maura Paoli – firmano una nota dai toni minacciosi in cui accusano la sindaca di «prendere in giro la sua maggioranza» e la sfidano a «rispettare quanto espresso dal Consiglio» esprimendo indisponibilità a una candidatura condivisa, «anche se fosse il governo a richiederla, ponendo così fine a questo assurdo teatrino». Senza una maggioranza, con la prospettiva di un referendum cittadino – annunciato dal coordinamento No Olimpiadi – simile a quelli che hanno affossato tre candidate in Europa, il M5s a Torino precipita a un passo dalla crisi politica.

Anche da Milano giungono segnali bellicosi: il sindaco Giuseppe Sala verga una lettera in cui si sfila dal progetto, accusa il Coni di subire ingerenze politiche, e dà la disponibilità a ospitare ciò che gli interessa. A Milano sono previsti tutti gli eventi mediatici maggiori, come le cerimonie, per attrarre sponsor che invece snobberebbero Torino e Cortina: ma a Sala non basta, perché lui, e il governatore Fontana, vogliono essere ufficialmente gli organizzatori e quindi gestire i rapporti economici con il Cio.

Malagò ieri mostrava serenità: «Non cambia niente dopo le parole di Sala. La commissione ha lavorato in maniera egregia» mirando a «trovare il contenimento dei costi senza alcuna valutazione politica».