L’anno che verrà. Il gioco ritorna all’ultima pagina dell’agenda, in una fine anno che sembra primavera, climate change, sbalestramento quasi si fosse saltato un mese o il tempo si sia contratto all’indietro – o troppo avanti?
I desideri: che ci aspettiamo da questo 2023 che segue un 2022 di cui si scrutavano le promesse (e le minacce) dodici mesi fa? Nel quale agli accadimenti senza troppa sorpresa (il nostro attuale governo, per fare un esempio) se ne sono intrecciati altri che forse non volevamo aspettarci. Più di tutto è stato un anno che ha segnato una profonda cesura col Novecento, nella scomparsa delle sue icone, su tutte Godard. E al tempo stesso ne ha indicato una strana prossimità con l’invasione russa e la guerra in Ucraina – così vicina a certe tensioni novecentesche e insieme diversa come deve essere.
A aprirlo era stata la morte di Gianni Celati – del quale si attende la ripubblicazione (Feltrinelli) di Le avventure di Guizzardi, poi via via altri pezzi, altri frammenti di storia: Straub, Elisabetta II, Gorbaciov, fino a Pelé e a Vivienne Westwood. E dopo? Immaginare il futuro prossimo, la cartografia di ciò che sarà. Non semplice, non circoscrivibile, un work in progress disseminato di insidie, sussulti ma anche di una imprevedibilità che tiene svegli testa e cuore.

I film: ve ne saranno nel prossimo anno, più facilmente rintracciabili quelli «mainstream» seppure di grandi autori – da Killer of the Flower Moon di Martin Scorsese o Oppenheimer di Christopher Nolan. E poi i ritorni, registi come Matteo Garrone (alle prese con Io capitano, il viaggio di due giovani da Dakar all’Europa) o Alice Rohrwacher con la sua Chimére che parla di «tombaroli» e di molto altro. E ancora quelli più«sotterranei», che accenderanno i pubblici dei festival tornati a capienza intera e felicemente senza mascherine – ha girato un nuovo film Masao Adachi, Revolution +1, Julio Bressane presenterà a Rotterdam la sua opera fiume. Ma oltre a ciò che vogliamo ritrovare o agli esordi, e non solo al cinema, l’immaginario si compie forse altrove, in quella tensione costante con il presente, col suo divenire, con una realtà che richiede a qualsiasi forma, sguardo, visione allenamento costante. L’immaginario è esploso nella rivoluzione in Iran che sta accadendo e va avanti, tra i gesti della donne che sono scese per prime in piazza per il diritto di inventare la loro vita – anche a costo di perderla come accade ogni giorno. In un video sui social prima di essere oscurata dopo l’arresto, Raha Ajudani, giovanissima attivista trans iraniana parla della libertà di reinventare il mondo. È questa la scommessa più forte, scompigliando qualsiasi «regola» per respirare e gettarsi a nelle cose. L’immaginario dell’anno che verrà comincia qui.