Continua il trend negativo della Polonia in materia di libertà di stampa, almeno secondo i dati di Reporter Senza Frontiere (Rsf). Varsavia si è ritrovata quest’anno al 58mo posto, il peggior risultato di sempre. Una tendenza in linea con le statistiche degli altri paesi del gruppo di Visegrad (Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia). Difficile dire se la «tenzone istituzionale» ancora in corso tra il governo della destra populista di Diritto e giustizia (PiS) e Bruxelles sul rispetto dello stato di diritto in Polonia abbia inciso nei giudizi.

A pesare l’anno scorso sono stati due episodi: da un lato, il clima intimidatorio vissuto dal giornalista Tomasz Piatka, autore in patria di un libro-inchiesta sui presunti rapporti dell’ex ministro degli Esteri e «falco» del PiS Antoni Macierewicz con i servizi segreti russi. Dall’altro, la decisione, poi annullata, di multare Tvn una rete televisiva privata di proprietà statunitense, colpevole di aver coperto in modo «fazioso» le rocambolesche proteste antigovernative del Natale 2016 presso gli edifici del Sejm, la camera bassa del parlamento polacco. Intanto la «repolonizacja» dei media nazionali, in particolare la nazionalizzazione dei giornali d’informazione locale, spesso controllati da gruppi tedeschi come Axel Springer e Verlagsgruppe Passau, resta un pallino del PiS.