La guerra in Ucraina inizia a produrre effetti collaterali a dir poco sorprendenti, anche nel campo finanziario. Due giorni fa l’agenzia stampa Reuters ha rivelato che Intesa Sanpaolo ha congelato il suo prestito di almeno 500 milioni di euro per un mega-progetto di gas fossile nell’Artico russo, in capo a Novatek e alla francese Total. Arctic Lng-2 dovrebbe essere lanciato nel 2023 e raggiungere la piena capacità di produzione di quasi 20 milioni di tonnellate di gas naturale liquefatto (Gnl) all’anno nel 2026. A essere interessata è la penisola di Gydan, uno dei territori più delicati e a rischio dell’Artico russo e non è difficile ipotizzare il disastro ecologico che si andrà ad aggiungere a quelli già registratisi negli ultimi anni, tra vasti incidenti e altri progetti estrattivi.

Sembrerebbe quindi che lo spettro delle sanzioni e l’estrema instabilità della regione abbiano indotto la banca torinese, tra gli istituti di credito dell’Europa occidentale più esposti in Russia, a fare un passo indietro su uno dei progetti più controversi degli ultimi anni. Non a caso la notizia è stata accolta con grande favore da Greenpeace Italia e ReCommon, che da due anni fanno pressione su Intesa Sanpaolo affinché riveda i suoi ingenti investimenti nel settore fossile.

Le due associazioni stimano che nel periodo 2016-2020 Intesa abbia erogato circa 13,7 miliardi di dollari al comparto, con principali beneficiari quali Eni, Exxon, Novatek, Equinor, Cheniere Energy, Kinder Morgan.

Il finanziamento di Intesa per Arctic LNG-2 evidenzia inoltre il carattere ad hoc della clausola inserita dal gruppo finanziario nei suoi ultimi impegni pubblici su clima e ambiente, presi a luglio 2021. Infatti, la policy di esclude i finanziamenti a progetti estrattivi offshore nell’Artico, permettendo invece quelli sulla terraferma, proprio come in questo caso.

Il finanziamento è stato garantito dalla Sace, l’agenzia di credito all’export italiana che già aveva coperto un altro prestito di Intesa Sanpaolo, di 750 milioni di euro, per un progetto simile. Era il 2016 e le due entità italiane erano entrate dalla porta di ingresso in Yamal Lng, sempre guidato da Novatek. Nel caso di Arctic Lng-2 va sottolineato come le omologhe tedesche e francesi di Sace avessero preferito rinunciare a qualsiasi coinvolgimento e che l’operazione che vedeva protagonista l’assicuratore di stato italiano si fosse materializzata a cavallo di due fondamentali eventi per il clima e l’ambiente: il G20 Ambiente, Clima ed Energia di Napoli e la Cop26 di Glasgow, co-presieduta dall’Italia insieme al Regno Unito. Dati alla mano, è incontestabile che la Russia è uno dei mercati principali dove opera Sace. Al 30 giugno 2020 l’esposizione totale era di circa 4,3 miliardi di euro: il settimo paese in termini di impegni dell’agenzia a livello globale. Nel biennio 2018-2019 Sace ha garantito 108 nuove operazioni in Russia, per un importo complessivo di circa 2,1 miliardi di euro. Di questi, 1,3 miliardi di euro per la realizzazione di un grande progetto nel settore petrolio e gas. Anche nel 2020, caratterizzato dall’impatto della pandemia sulle relazioni commerciali tra Italia e Russia, 230 dei 237 milioni di euro di operazioni garantite hanno riguardato il settore degli idrocarburi. Più di recente, Sace ha partecipato alla garanzia per il progetto Amur Gas Chemical Complex di Gazprom, principale società energetica russa controllata dallo Stato, che come sappiamo fa il bello e il cattivo in tempo quando si tratta dell’export di gas fossile verso l’Europa. L’operazione, conclusasi a dicembre 2021, ha visto Sace apporre una garanzia per una parte del prestito complessivo di 2,6 miliardi di dollari concesso da alcune banche commerciali.
È notizia degli ultimi giorni che l’omologa tedesca di Sace, la Euler Hermes, pochi giorni fa ha deciso di interrompere l’erogazione di nuove garanzie per progetti e investimenti in Russia.

Qual è la posizione di Sace in merito alla guerra in Ucraina, in considerazione della sua esposizione al business russo, in particolare in settori strategici quali petrolio, gas e petrolchimico?

È ora che decisioni come quella presa in merito al progetto Arctic Lng-2 siano prese per ragioni etiche e non di mero opportunismo. L’industria dei combustibili fossili, oltre ad essere responsabile indiscussa della crisi climatica, è foriera di situazioni di instabilità politica e sociale a ogni latitudine. Intesa Sanpaolo ora deve mettere definitivamente in soffitta questo prestito e prendere impegni concreti contro l’industria fossile, mentre Sace dovrebbe quantomeno rompere la cortina di silenzio che la circonda, sul suo business fossile in Russia e non solo.
* ReCommon