Visioni

Inni da incubo nel segno di Poe

Inni da incubo nel segno di PoeCaptain Mantell

Note sparse Sesto album per i trevigiani Captain Mantell, trio anomalo chitarra batteria e sax. Un disco sperimentale e complesso

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 12 aprile 2017

La storia di un regicidio, di una colpa antica e inesorabile che è anche un atto radicale di ribellione. Ecco Dirty White King, il sesto album dei trevigiani Captain Mantell, trio anomalo (chitarra, batteria, sax) che da un decennio buono esplora suoni e soluzioni, sempre al servizio di canzoni dalla grande musicalità. E se nel passato dominava l’anima elettronica, qui il sound ricorda i Morphine passati al lato oscuro, con incursioni stoner e la benedizione di John Zorn. Si tratta del disco più cupo della band, mai così sperimentale e complesso nelle strutture. Merito della rinnovata formazione, che vede Mauro Franceschini (Ottodix) e Sergio Pomante (sax nei francesi Ulan Bator e qui co-produttore) ad accompagnare il leader Tommaso Mantelli (passato per Full Effect e Teatro degli Orrori), di nuovo assieme dopo il precedente Bliss. Un disco dai molti ospiti come Bologna Violenta e Francesco Chimenti dei Sycamore Age, oltre che lo spirito rievocato di Edgar Allan Poe, cantore dell’incubo per antonomasia.

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