Torna in sala, grazie a Cinema, la distribuzione di Valerio De Paolis, nella versione restaurata Un americano a Parigi, il classicissimo Vincente Minnelli vincitore di sei premi Oscar che il New York Times all’epoca della sua uscita definì «un vero balletto cinematografico». La storia d’amore nella Parigi hollywoodiana, con la musica del poema sinfonico di George Gershwin ( «La musica più moderna che io abbia mai scritto» diceva l’autore) è tra quella entrate nell’immaginario di ogni tempo Lui, Jerry Mulligan (Kelly), americano conquistato dall’Europa e in particolare dallo charme parigino, è un pittore senza soldi, nessuno compra i suoi quadri che si accumulano sulla parete della soffitta dove vive. Lei, Lisa Bouvier (Leslie Caron) è una giovanissima ragazza sola: colpo di fulmine ma naturalmente c’è di mezzo «l’altro», che in più è anche un amico del nostro.

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E le cose si complicheranno ancora perché una ricca signora a americana sembra molto interessata al giovane artista , tanto da comprargli un quadro, e finalmente introdurlo nell’esclusivissimo mondo dei galleristi.
Ma come si fa a resistere all’amore a Parigi? Il giovane pittore e la dolce fanciulla si perdono nella notte, ballano sulla Senna accarezzando le note di Our Love is Here to Stay, esaltano coi loro volteggi il Technicolor sfavillante che il restauro – curato qualche anno dalla Warner Bros – restituisce nella sua magia.

A Vincente Minnelli il festival di Locarno ha dedicato nell’edizxione 2011 una bellissima retrospettiva – tutti i film disponibili erano proiettati in pellicola – accompagnata anche da un prezioso volume di ristematizzazione critica del suo cinema (curato da Emmanuel Burdeau per Capricci). Le sale erano sempre strapiene, giovanissimi e meno giovani, festivalieri e pubblico «normale». Eppure, dirà qualcuno, sono vecchi film. Invece, lo dimostra il successo di rassegne dedicate al cinema del passato – come la romana «A qualcuno piace classico» sempre sold out – funzionano sempre. Anzi le nuove generazioni cinefile sono radicalmente orientate al passato coltivando autori – sperimentali e non – del secolo scorso, l’amore per i formati «scomparsi» come super 8 e più in genere il nitrato d’argento – per non dire di tanti giovani filmmaker che hanno fatto del lavoro in pellicola il segno di una poetica (e politica) visiva di resistenza..

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È solo attrazione vintage, la nostalgia per tempi (e film) non vissuti? O non c’è anche il desiderio spesso frustrato di impossessarsi della storia del cinema senza dare per scontate conoscenze e visioni, in una dimensione collettiva che si allontana da quella della visione tablet e simili?

Minnelli, che è morto nel 1986 (a ottantatre anni, era nato come Lester Anthony a Chicago nel 1903, figlio di artisti da fiera) con i suoi trenta film, miscele magiche di colori, costumi, coreografie e star (oltre Kelly e Caron,Fred Astaire, Elisabeth Taylor, Frank Sinatra, la figlia Liza) ha rappresentato uno dei punti massimi del classicismo hollywoodiano. Sono musical i suoi film ma anche melodrammi e commedie, con un tocco personale, sospesi tra realtà e stilizzazione, crudeltà e tenerezza.

Kelly, l’«americano a Parigi» ha curato tutte le coreografie – imperdibile il numero finale di 17 minuti di danza che è una delle sequenze più raffinate e costose prodotte a Hollywood. Sembra che la MGM si fosse opposta e che Gene Kelly abbia lottato per imporla nel film (anche se si dice che che l’idea sarebbe venuta al produttore della casa, Arthur Freed).
Certo è fondamentale la complicità del direttore della fotografia John Alton, il quale è riuscito a «trasportare» per i numeri in coppia i due attori nei quadri dei grandi pittori impressionisti (e non solo) francesi. Dufy, Renoir, Toulouse-Lautrec, Rousseau, Utrillo disegnano Montmartre, il Moulin Rouge, Place de la Concorde, Pont Neuf in un’esplosione di stili e colori che racconta, come prima la suite di Gershwin, anche lo sconto (e la reciproca attrazione) tra vecchio e nuovo mondo, e quell’amore per la ville lumiére che lo stesso Minnelli non aveva mai nascosto.

Un Carnevale, una festa mascherata, le fantasie amorose del ragazzo sulla ragazza ancor prima di conoscerla: tutto è fantastico, trascinante, trasognato nella malinconia tenerissima di quella Parigi nel dopoguerra che diventa un’invenzione di cinema. Sì, è davvero un’occasione da non perdere.