L’Indonesia, secondo le azzardate previsioni di molti analisti internazionali, è uno dei nuovi mercati del futuro, ora che il futuro dei paesi in via di sviluppo asiatici, in alcuni casi, è già presente. La classe media si ingrossa e le grandi firme sgomitano per posizionarsi nel primo paese musulmano al mondo per numero di abitanti.
Ma ancora una volta si incappa nel dilemma linguistico: cos’è middle class? Più precisamente, cos’è middle class in Indonesia?

Ne ha scritto molto lucidamente Lauren Gumbs – al momento iscritta ad un master in diritti umani presso la Cuyrtin University di Perth, Australia – ospitata dal Jakarta Post, mettendo in fila una serie di dati indicativi partendo dall’assurdità di definire «classe media» una persona che spenda meno di dieci dollari al giorno.
L’illusione, secondo Gumbs, è accomunare alla dicitura «classe media» quella di «stabilità». Con meno di dieci dollari al giorno in Indonesia non si è stabili – la carne di manzo, ad esempio, non ce la si può permettere – e nonostante l’immersione nella società dei consumi, l’indonesiano medio borghese spende oculatamente affidandosi a produzioni locali, prodotti da discount.

Tutto cambia quando viene messo davanti alla tentazione dello status symbol: Blackberry, motociclette e capi firmati – venduti a prezzi proibitivi – diventano un must da accaparrarsi anche a costo di indebitamenti che, spiega Gumbs, spesso si fa fatica a ripianare. Il tutto immerso in un ambiente dove la corruzione è dilagante. Risultato: il benessere generato dall’aumento dei consumi finisce nella sparuta minoranza davvero benestante – stabile, davvero midle class – mentre la classe media immaginaria rimane perpetuamente in bilico di fronte al precipizio della povertà.
L’ingiustizia sociale, secondo Gumbs, è il cancro che mina una crescita del benessere inclusiva, che possa trainare la popolazione indonesiana verso un miglioramento globale dello stile di vita.

Ma il lusso dell’indignazione attiva davanti ai numerosi casi di truffa e corruzione, debitamente riportati dalla stampa locale, è un aspetto che la società indonesiana non si può ancora permettere.
«In realtà – scrive Gumbs – chi vive con quattro dollari al giorno è più preoccupato dal come mettere insieme il pranzo con la cena piuttosto che dagli abusi di potere».