Scelta Civica va alla guerra contro la presunta «sanatoria» dei lavoratori precari del pubblico impiego. Giovedì scorso la commissione Lavoro del Senato ha dato parere favorevole al «Decreto D’Alia», a condizione di smontare il contraddittorio provvedimento approvato dal governo Letta. Il decreto che interesserà 120 mila persone, su più di mezzo milione (dati Aran), riserva ai precari di Stato una quota ristretta ai concorsi ed esclude coloro che non hanno maturato una professionalità di almeno tre anni.

Secondo il ministro della Pubblica amministrazione Gianpiero D’Alia l’intenzione del governo sarebbe quella di «aprire concorsi liberi a tutti, ma tenendo conto di quei vincitori delle precedenti selezioni vittime di ingiustizia perché non ancora assunti». Forse sta parlando degli oltre duemila vincitori del «concorsone» per la scuola che hanno superato tutte le prove, ma non hanno trovato una cattedra e uno stipendio, nel frattempo tagliati dalla spending review? Oppure dei vincitori del concorso nella scuola nel 1999, dei 150 mila precari della scuola o di quelli che lavorano negli enti di ricerca e sono arrivati ad accumulare anche 15 rinnovi contrattuali? La commissione ha le idee chiare: è fuorviante alimentare l’idea che possano essere assorbiti nel settore pubblico. Del resto il decreto vincola la stabilizzazione alla disponibilità di posti vacanti.

«Se accolto – affermano Pietro Ichino e Linda Lanzillotta, entrambi di Scelta Civica – il decreto ci porterebbe indietro rispetto alla spending review e dal processo di riduzione della spesa pubblica avviato dal governo Monti». Sono cinque le correzioni proposte dai montiani: nessuna stabilizzazione dei precari; apertura dei concorsi a tutti coloro che hanno lavorato nella pubblica amministrazione o di chi ha accumulato punteggio; evitare che la stabilizzazione dei vincitori dei concorsi precedenti escludano i «giovani meritevoli». Insomma lo stesso schema del «concorsone» a scuola, voluto dal governo Monti di cui Ichino e Lanzillotta tessono le lodi.

Lo stop in commissione ha provocato la reazione del ministro D’Alia che accusa Scelta Civica di «superficialità». E non risparmia una stilettata a Lanzillotta: «Dispiace il commento fuori dalle righe della senatrice che è stata un’autorevole esponente del governo Prodi che ha fatto una stabilizzazione dei precari o di chi, come Ichino, dimentica che Monti ha fatto ben due proroghe indifferenziate di tutti i precari». D’Alia chiede una risposta «equa e definitiva per i precari senza dileggiarli».
Per i sindacati confederali «è intollerabile che il destino di 120 mila lavoratori sia appeso agli umori delle forze politiche», per l’Usb è la dimostrazione che le larghe intese rappresentano i «poteri forti». Tutti sono d’accordo nel definire il decreto insufficiente per sanare una situazione creata dal più grande sfruttatore mondiale di lavoro precario: lo Stato italiano. Gli emendamenti presentati in commissione sono oltre 600, entro lunedì dovrebbero essere ridotti. Il voto è previsto per giovedì o venerdì. La settimana successiva passerà alla Camera.