La repressione violenta in India degli studenti di New Delhi domenica scorsa ha ottenuto esattamente l’effetto opposto di quanto auspicato dal governo nazionalista hindu guidato da Modi. Se le manganellate dovevano intimorire le minoranze progressiste scese in strada per manifestare contro la nuova legge per la cittadinanza, hanno invece infuso nuova linfa a numerosi movimenti d’opposizione all’ultrainduismo di stato.

Ieri le manifestazioni in solidarietà agli studenti universitari della Jamia Millia Islamia University di New Delhi e della Aligarh Muslim University – vittime della brutale repressione di stato in atto dallo scorso weekend – e contro il Citizen Amendment Act (Caa) si sono moltiplicate dal Kashmir a Kanyakumari, come si dice in India: dall’Himalaya al Tamil Nadu, attraversando l’intero subcontinente da nord a sud.

In prima linea, sempre gli studenti universitari, che alla Madras University di Chennai hanno dovuto fare i conti con l’«ingresso preventivo» della polizia nel campus, dove si stava tenendo una protesta assolutamente pacifica: due gli arrestati. Idem a Bangalore, dove gli arrestati sono stati nove.

Ma termometro dello scontro durissimo tra manifestanti e autorità continuano ad essere lo stato dell’Assam, dove ci sono stati sei morti, e la citta di New Delhi. Nella capitale, parallelamente alle proteste intorno ai campus universitari, una folla di manifestanti ha preso a sassate gli agenti, bruciato autobus e moto della polizia e vandalizzato un gabbiotto della polizia nella zona di Seemapur, Delhi Est.

Le forze dell’ordine hanno risposto con gas lacrimogeni e cariche, danneggiando a loro volta auto e moto. Le opposizioni hanno incontrato ieri il presidente della repubblica indiana Ram Nath Govind, esortandolo a ritirare il Caa, mentre petizioni per l’abrogazione della legge sono state già inoltrate alla Corte suprema. Nel frattempo, il governo non dà segni di tentennamento e continua a difendere la bontà della legge. Amit Shah, ministro degli interni, ha accusato le opposizioni di diffondere falsità per creare caos.

Circa la condotta tenuta dalla polizia di New Delhi negli ultimi giorni, mentre la High Court della capitale è inondata di petizioni per aprire un’inchiesta, Shah ha dichiarato: «Ho dato io direttive alla polizia per mantenere la pace nella capitale». Il primo ministro Modi, impegnato in campagna elettorale nello stato del Jharkhand, dal palco ha nuovamente esortato gli studenti alla calma, spiegando che le manifestazioni sono lecite in India finché non-violente. Modi ha inoltre ammonito i manifestanti dal farsi strumentalizzare dagli «urban naxal» e dalle loro campagne politiche.

Con «urban naxal» (naxaliti di città, ndt) Modi si riferisce a tutti coloro che hanno simpatie progressiste e di sinistra, nome collettivo che l’ultradestra hindu utilizza come in Italia il termine «radical chic». Appello inascoltato, considerando che decine di manifestazioni nelle principali città indiane sono già state programmate per il resto della settimana.