Giovedì 10 agosto l’ospedale pubblico del Baba Raghav Das (BRD) Medical College di Gorakhpur, stato dell’Uttar Pradesh, per alcune ore è rimasto senza fornitura di ossigeno liquido. Un’emergenza rientrata nel giro di poche ore ma che è risultata fatale per un numero altissimo di bambini e bambine ricoverati in terapia intensiva nel reparto pediatrico della struttura: in 48 ore, secondo quanto riportato dalla stampa nazionale, già si contavano almeno 30 vittime; bilancio che, mentre scriviamo, avrebbe superato quota 70, di cui almeno 30 neonati.

Il caso, già soprannominato dalla stampa il «massacro di Gorakhpur», ha subito assunto le proporzioni di una vergogna nazionale, alla vigilia del settantesimo anniversario dell’Indipendenza indiana dalla corona britannica. Le responsabilità della strage non sono ancora chiare, ma grazie alle ricostruzioni fatte dalla stampa indiana si delinea un quadro angosciante di incompetenza tipiche del settore sanitario pubblico indiano, alle dipendenze dei governi locali.

Il preside del BRD Medical College e direttore dell’ospedale, Rajeev Mishra, ha spiegato all’emittente televisiva NDTV che la struttura era in attesa dello sblocco di fondi da parte del governo dell’Uttar Pradesh: denaro che sarebbe servito anche per appianare debiti pari a 90mila euro contratti con la Puspha Sales, società appaltatrice di ossigeno liquido. Dopo ripetute minacce di interruzione della fornitura, la Pushpa Sales ha infine annunciato lo stop dei camion di ossigeno la mattina del 10 agosto, lasciando l’ospedale a secco mentre – tra weekend e bizantinismi burocratici – i pagamenti non erano ancora stati sbloccati.

Poche ore prima, il 9 agosto, il chief minister dell’Uttar Pradesh Yogi Adityanath, esponente del partito di governo Bharatiya Janata Party (Bjp) e di acclarate posizioni ultrahindu, si era recato in visita nel medesimo ospedale di Gorakhpur, considerata la sua roccaforte politica. Un evento che pare abbia attirato totalmente l’attenzione sia del personale amministrativo sia di quello medico, contribuendo a ritardare ulteriormente le procedure burocratiche e aggravando la condizione di diversi pazienti.

Il 12 agosto Mishra è stato sospeso dall’incarico e Adityanath, in una conferenza stampa tenuta assieme al ministro della sanità federale JP Nadda, oltre ad annunciare l’apertura delle indagini ha escluso che la strage sia collegabile alla mancanza di ossigeno nell’ospedale: le vittime sarebbero morte di encefalite.

Un’ipotesi che sembra smentita dalle dichiarazioni di diversi genitori delle vittime, tutti appartenenti al ceto medio-basso per cui la sanità privata continua ad essere economicamente fuori portata. In una lunga intervista pubblicata su Indian Express, una coppia di genitori ha raccontato di infermiere nel panico che provavano a ventilare manualmente i pazienti e personale medico evasivo o addirittura assente per gran parte del 9 agosto. Entrambi i figli di Brahmdev e Suman, tra cui una neonata di appena dieci giorni, sono morti nell’ospedale di Gorakhpur all’alba del 10 agosto. La terapia per entrambi, in un ospedale privato, sarebbe costata 7000 rupie, poco più di 90 euro. Cifra proibitiva per Brahmdev, contadino residente in un villaggio a pochi chilometri da Gorakhpur.

Lunedì 14 agosto la National Human Rights Commission indiana ha intimato al governo dell’Uttar Pradesh di procedere con le indagini e di stendere un rapporto dettagliato entro quattro settimane. Al momento non è stato aperto nessun procedimento penale: la polizia di Gorakhpur, in cinque giorni, non ha ancora ricevuto alcuna denuncia.