Truffa ai danni dello stato per richiesta illegittima di cassa integrazione per Covid fatta da Arcelor Mittal. È l’ipotesi su cui sta lavorando la procura di Genova dopo l’esposto presentato dalla Fiom il 19 maggio. Il fascicolo è anocra a carico di ignoti. Per la Fiom di Genova ci sarebbe stato un uso illegittimo perché l’azienda aveva ottenuto anche la deroga per continuare a lavorare anche nei mesi di blocco.
Il pm Francesco Pinto ha delegato all’indagine il nucleo di polizia economico finanziaria della guardia di finanza, guidato dal colonnello Maurizio Cintura. Il segretario della Fiom Bruno Manganaro aveva evidenziato come Mittal avesse messo i lavoratori in cassa-Covid subito dopo aver chiesto con due lettere formali alla Prefettura la ripartenza, in deroga alla normativa sul lockdown, di due linee di produzione, la banda stagnata e la linea di zincatura 3.
La riapertura era stata concordata con i sindacati dopo la sanificazione e la messa in sicurezza dei luoghi di lavoro ed era stata chiesta dall’azienda per poter rispondere agli ordini che arrivavano anzitutto dalla filiera alimentare. L’inchiesta mira a capire se ArcelorMittal, nonostante la richiesta di produzione in deroga, si sia trovata poi nella condizione oggettiva di non poter produrre, oppure abbia approfittato della cassa-Covid ottenendo quindi finanziamenti pubblici di cui non avrebbe avuto diritto.
Dopo l’annuncio della multinazionale a Genova si era svolto il primo corteo di operai nella cosiddetta Fase 2, con una «passeggiata» lungo le strade della città, rispettando il distanziamento. La protesta si era allargata anche agli altri stabilimenti, con i lavoratori di Novi Ligure che avevano dichiarato sciopero bloccando i varchi di uscita delle merci e ottenendo un tavolo in Prefettura. Il timore era che Mittal volesse utilizzare la pandemia per disimpegnarsi dalla gestione degli stabilimenti ex Ilva.