Premiato allo scorso Festival di Berlino in un anno particolarmente ispirato per Claire Denis, che ha trionfato anche a Cannes con Stars an Noon, Incroci sentimentali con Juliette Binoche – già insieme a Denis nella bella commedia L’amore secondo Isabelle – e Vincent Lindon è sostanzialmente una storia d’amore. O meglio la fine di una storia d’amore nella declinazione più tranquilla di serenità e abitudine e l’inizio incerto che asseconda i desideri messi da parte e l’irrequietezza della protagonista soffocata appunto nel quotidiano.

SARA (Binoche) è una conduttrice radiofonica che vive da dieci anni con Jean, un ex campione sportivo in pensione (Lindon). Fin dall’inizio del film intuiamo che è stato in prigione per un reato non specificato e ha un figlio adolescente di nome Marcus che abita con la nonna. François (Gregoire Colin)è l’ex fidanzato di Sara che torna a far parte della loro vita, riaccendendo ricordi e vecchie passioni. Le linee narrative di per sé possono intraprendere molte direzioni, ma nel lavoro sul romanzo Un tournant de la vie di Christine Angot, con cui Denis aveva già lavorato per L’amore secondo Isabella, la regista prova a rimodulare il melodramma intorno al personaggio di Binoche, come aveva fatto con la commedia, senza però ottenere la fluidità del precedente film. Nulla delle sue «ossessioni» passate, delle incursioni nelle temperature più oscure delle emozioni che avevano attraversato le sue storie sempre un po’ sul bordo di una realtà esasperata e fragile entrano un questa relazione a tre.

Il film lavora sull’idea di mantenere al centro la parola lasciando meno spazio ai luoghi dell’emozione, e alla discussioni al cui posto prevalgono la musica e gli impulsi devastanti e distruttrici della protagonista. Il paesaggio è quello del tempo delle riprese, durante il lockdown, di cui Denis ha trasformato gli obblighi in soluzioni formali: mura, facciate dei palazzi, balconi che separano gli amanti dal mondo estremo quasi che la regista cercasse di estrarre l’essenza del sentimento amoroso, la sua stessa natura.
Il problema è che pur vedendone le intenzioni tutto questo dramma di coppia lascia abbastanza indifferenti. La possessività estremizzata del personaggio di Binoche non ha una intensità tale da esprimere il conflitto tra l’astrazione cercata in regia e la fisicità dei corpi, e la narrazione appare fragile, un po’ meccanica, senza guizzi né aperture.Il cinema di Denis ha creato senza dubbio situazioni e figure molto più forti.