Oggi i sindacati di base Adl Cobas, SI Cobas, Cobas Lavoro Privato, Cub Trasporti, Sgb hanno indetto uno sciopero nazionale di 24 ore nella logistica. A marzo è scaduto il contratto collettivo nazionale del settore. I sindacati hanno presentato una piattaforma rivendicativa a tutte le associazioni datoriali già alla fine di febbraio, ma non hanno ottenuto risposta. La piattaforma prevede, tra l’altro, aumenti salariali di 300 euro per recuperare almeno in parte l’inflazione; l’internalizzazione dei lavoratori; la chiusura degli appalti e dei subappalti che hanno precarizzato il lavoro con l’imposizione della figura del (finto) socio lavoratore. Questo sistema «ha permesso grandissime evasioni fiscali e contributive, l’aumento dei fenomeni di caporalato e la crescita del tasso di infortunati sul lavoro». Chiesta inoltre la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, clausole di maggior tutela per gli autisti (in primis i drivers dei grandi corrieri) e maggiorazioni per il lavoro notturno.

Perché l’aumento di 300 euro

La richiesta dell’aumento di 300 euro dei salari è accompagnata da una drastica critica all’intera politica dei bonus di tutti i governi dal covid in poi, e in particolare di quello Meloni. A tale proposito Adl Cobas e SI Cobas criticano i confederali Cgil, Cisl e Uil che non hanno rivendicato “un aumento generalizzato dei salari”  e “si sono accodati alla Confindustria che chiedeva il taglio del cuneo fiscale e contributivo”.

In un testo molto articolato, firmato dai dirigenti sindacali Aldo Milani (SI Cobas) e Gianni Boetto (Adl Cobas), è stata ricostruita la storia politica degli ultimi anni.Il governo Draghi ha tagliato i contributi del 2-3%. Quello Meloni dal luglio 2023 ha aumentato il taglio al 6-7% per salari lordi fino a 1923 e 2692 euro mensili (ma solo 2-3% per la 13^ e niente per la l4^) per cui lo sgravio complessivo è circa del 5-6%, che si riduce al 4-4,8% circa se consideriamo che l’esonero contributivo è tassato dall’Irpef. Quindi resta una perdita di potere d’acquisto di almeno il 10% circa, da recuperare.

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“Quindi i casi sono due – osservano Milani e Boetto – o il buco contributivo Inps viene colmato dallo Stato, con un prelievo fiscale aggiuntivo (ad es. lavoratori dipendenti che superano i 28 mila euro, l’aumento dell’Iva pagata sui beni alimentari ed energetici, aumentati più della media, e che pesano di più sui plìj poveri); o il buco contributivo viene colmato solo in parte, e quindi si faranno altri tagli alle pensioni, che sono salario differito. “In entrambi i casi – sostengono . il taglio contributivo non fatto pagare ai ricchi è una finzione il cui fine è solo quello di far apparire più soldi netti in busta paga senza far spendere un euro in più ai padroni, che, invece, incassano eccome l’aumento dei prezzi dei prodotti venduti, ma i salari che pagano restano fermi”.

 

La riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario

In questa cornice si inserisce la logistica oggi. L’aumento dei salari ottenuti dai facchini, corrieri e magazzinieri grazie alle lotte dell’ultimo decennio non è stato sufficiente. In primo luogo perché l’aumento della conflittualità ha spinto verso un’accelerazione delle ristrutturazioni del ciclo produttivo. Allo stesso tempo l’aumento dell’automazione digitale introdotta dai maggiori attori presenti sul mercato ha aumentato la riduzione del costo del lavoro. Questo ha determinato l’aumento dei profitti e la neutralizzazione dei salari ottenuti grazie alle lotte.  “Per sperimentate la prospettiva di un recupero dei salari reali, erosi anche dall’inflazione – osservano i sindacati – l’unica risposta, a questi processi, è la riduzione dell’orario, a parità di salario”.

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Il caporalato e le inchieste giudiziarie

Negli ultimi due anni l’intervento delle Procure ha fatto emergere ciò che da tempo denunciano i sindacati: il sistema dei cambi appalto e delle “scatole cinesi” maschera le grandi truffe milionarie ai danni dello Stato, oltre che dei lavoratori.

Queste indagini hanno favorito le internalizzazioni, ma sono state anche usate per ridurre ulteriormente il costo del lavoro, attraverso gli interventi sulla contrattazione di secondo livello con le aziende appaltanti. Un altro punto della piattaforma dello sciopero di oggi chiede di estendere le conquiste ottenute dalla contrattazione nazionale anche ai livelli intermedi e inferiori in modo tale da evitare discriminazioni tra i lavoratori impegnanti nei diversi livelli delle catene produttive.

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Il sistema del caporalato è molto diffuso, ed è strettamente legato ai flussi migratori che sono criminalizzati. Questa è una strategia, osservano i sindacati nel loro documento, per ricattare questa forza lavoro che opera in grandi numeri nella logistica. Il lavoro sindacale nella logistica è una lotta antirazzista.

La svolta dell’ultimo miglio

Le lotte degli ultimi anni ha creato le condizioni per l’organizzazione collettiva di un’altra categoria di lavoratori: i magazzinieri e gli autisti. Così facendo si stanno saldando settori che sono stati divisi dall’organizzazione che procede per compartimenti stagni.  Le rivendicazioni sindacali dal basso hanno permesso di superare le previsioni contenute nel vecchio contratto nazionale della logistica e, a volte, di colmare alcune lacune. Pezzo dopo pezzo, sono arrivati gli aumenti e sono stati trovati i rimedi a una pratica diffusa: i prelievi “leciti” o “illeciti” dalle buste paga che determinano in alcuni casi drastiche riduzioni di salario.  Per i sindacati di base il lavoro va organizzato sulla base dell’orario di lavoro e non del cottimo a consegna.

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Quest’ultima osservazione è fondamentale per i city courier o driver, cioè i lavoratori dell’ultimo miglio, quelli che portano a casa le merci ordinate online, per esempio. La loro giornata di lavoro dovrebbe essere di  7 ore e 40 minuti, con mezz’ora di pausa retribuita per mangiare. Inoltre a questa categoria dovrebbero essere estese le tutele  per infortunio, inidoneità al lavoro e malattie professionali già adottate dai grandi corrieri italiani come Gls, Sda o Bartolini.

Il lavoro delle donne

La logistica è settore basato sullo sfruttamento del lavoro maschile. Negli ultimi anni si sta assistendo alla crescita di quello femminile. È stato calcolato che il 22% degli addetti totali è donna. Aldilà dei ruoli amministrativi e dirigenziali, le donne operano nei settori più bassi e meno retribuiti. “La donna può occupare delle posizioni finche il suo ruolo risulti funzionale alla strategia che mira al ribasso dei salari” osservano i sindacati.

Sono denunciate la mancanza di misure assistenziali, l’inesistenza di misure di tutela della genitorialità attraverso i servizi pubblici. Crescono le dimissioni a causa del mancato sostegno alla maternità. I bassi salari non permettono di accedere ai servizi privati a partire dagli asili nido per finire alle attività extrascolastiche sportive.

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Una tra le misure possibili per iniziare a cambiare questa situazione è l’introduzione del congedo mestruale e l’eventuale compensazione economica in caso di non fruizione degli stessi per fare fronte alle spese farmaceutiche e igieniche.  Qualcosa de! genere è stato nei magazzini di DHL dove le operaie sono particolarmente combattive.

La mappa italiana della logistica 

La logistica, al centro da un decennio in Italia, di formidabili lotte sindacali è un settore oggi dominato da operatori che si muovono su più fronti: presenza mondiale, reti di distribuzione locale e un quantitativo di magazzini enorme. È un mondo dominato da giganti, ma dove c’è spazio anche per operatori più piccoli che riescono a mettere in campo flessibilità, velocità, competizione, capacità di integrazione con il cliente e soprattutto compressione del costo del lavoro.

In Italia  questa industria molto fruttuosa è concentrata nelle regioni del Nord Italia,  intorno a Milano e lungo l’asse della A4 (Torino-Venezia, passando per Milano, Brescia, Verona, Padova) e Nord-Sud, in direzione di Piacenza e la Via Emilia.  Nel resto del Paese le aree di addensamento sono rappresentate dai principali centri urbani (Firenze e Roma), che in alcuni casi sono anche sedi portuali, come nel caso di Genova, Napoli, Ancona, Bari, Catania e Palermo.

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Secondo i dati Eurostat, nel 2021 il settore trasporti in Italia contava 1 milione e 147 mila addetti e di cui 902 mila solo nel trasporto merci. Più precisamente, 380 mila impiegati al trasporto su strada, 365 mila alla logistica in generale, in attività di magazzinaggio e servizi ausiliari, 142 mila addetti alle poste e alle attività di corrieri, e 10 mila impiegati nel trasporto per vie d’acqua e aeree. Dal 2013 al 2022, i livelli occupazionali sono cresciuti di circa il 12% (da 1.022 a 1.148 mila, con una ripresa dopo la flessione nel 2020 per la crisi Covid.

25 November 2022, Saxony, Leipzig: Participants of a demonstration of the trade union Verdi walk with flags and carry a banner with the inscription

Il lavoro al centro dell’automazione

Dal punto di vista dell’evoluzione delle forme produttive dopo il Covid e a cominciare dalla guerra russo ucraina l‘e-commerce ha registrato una crescita importante anche in Italia. Amazon regna e fa concorrenza diretta alle aziende della distribuzione e a quelle della logistica. La sua potenza oggi è usata anche da centinaia di piccole e medie aziende manifatturiere che vendono attraverso i suoi servizi.

E’ in corso un processo di integrazione intermodale con la logistica della navigazione. Il trasporto marittimo dei container “sembra essere sceso a terra”. I suoi giganti stanno acquistano pezzi importanti della  catena di approvvigionamento e stanno adottando le tecniche di vendita sulle piattaforme da paesi terzi.

L’analisi della logistica  permette di capire  le strategie capitalistiche in generale. E, nel particolare, la strategia politica  in cui si parla di costi e ricavi senza tener conto del fatto che sono le operaie e gli operai ad avere il compito di svolgere tutte le operazioni. Il ritornello è sempre lo stesso: sembra che le merci arrivino magicamente a casa, che il lavoro è finito, mentre chi lavora lo fa sempre di più ed è pagato sempre di meno.