La chiusura delle indagini della procura fiorentina sulla fondazione Open – con l’udienza preliminare nella primavera del 2022 – offre più di uno spunto di riflessione. Non tanto e non solo sulle presunte irregolarità nei finanziamenti a una fondazione nata per sostenere le iniziative politiche di Matteo Renzi, che all’epoca era il segretario del Pd, e cui viene contestato il reato di finanziamento illecito ai partiti come “direttore di fatto” di Open. Piuttosto emerge il sospetto di corruzione – reato ben più pesante e meno “scivoloso” degli altri – nei confronti di Luca Lotti, all’epoca braccio destro di Renzi, e che poi nel Pd è rimasto.
Secondo le accuse infatti Lotti, all’epoca sottosegretario alla presidenza del Consiglio e segretario del Cipe, si sarebbe attivato perché in Parlamento venissero approvate disposizioni favorevoli al concessionario autostradale Toto Costruzioni. In cambio il gruppo Toto avrebbe versato al presidente di Open, l’avvocato Alberto Bianchi, 800mila euro, a fronte di una prestazione professionale che la procura ritiene fittizia.
Di questa somma Bianchi avrebbe poi versato 200mila euro ad Open, e altri 200mila al comitato per il Sì al referendum costituzionale. Così oltre a Lotti, sono accusati di corruzione lo stesso Bianchi, l’imprenditore Patrizio Donnini, e Alfonso Toto.
I magistrati requirenti accusano Lotti di corruzione anche per le donazioni arrivate ad Open dalla British American Tobacco Italia. Questo perché, fra il 2014 e il 2017, Lotti si sarebbe attivato per favorire disposizioni normative, in materia di accise sui tabacchi lavorati, che interessavano Bat, Ricevendo in cambio finanziamenti a Open per oltre 250mila euro.
Quanto al finanziamento illecito ai partiti, oltre a Renzi per la procura sono coinvolti i membri del cda di Open: Alberto Bianchi, Marco Carrai, Luca Lotti e Maria Elena Boschi. Per l’accusa, tra 2014 e 2018 nelle casse di Open, che avrebbe agito come articolazione di partito, sarebbero arrivati oltre 3,5 milioni.
Alla notizia (definita “ottima”) della chiusura delle indagini, Renzi ha commentato: “Alla fine di questa scandalosa storia emergerà la verità: non c’è nessun finanziamento illecito ai partiti, perché tutto è bonificato e tracciato. E la Leopolda non era la manifestazione di una corrente o di una parte del Pd, ma un luogo di libertà, senza bandiere e con tutti i finanziamenti previsti dalla legge sulle fondazioni”.