Aggrediti e insultati dai fascisti di Casa Pound che infestano alcuni pezzi della periferia romana. Invitati dal papa a San Giovanni in Laterano, in occasione dell’incontro con i vescovi, i preti, i religiosi, le religiose e i laici impegnati nelle parrocchie e nelle associazioni della diocesi di Roma, dedicato all’ascolto del «grido della città».

È STATO UN GESTO SEMPLICE ma dal forte contenuto politico quello di papa Francesco, ispirato dal vicario di Roma, il cardinal Angelo De Donatis, che tramite il vescovo del settore est, monsignor Gianpiero Palmieri, e il direttore della Caritas di Roma, don Benoni Ambarus – che mercoledì erano andati a Casal Bruciato -, ha invitato nella cattedrale di Roma «la famiglia rom, vittima, nei giorni scorsi, di minacce e insulti razzisti», come ha spiegato il comunicato della sala stampa della Santa sede.

COSÌ IERI SERA, SUBITO PRIMA dell’assemblea in basilica, Francesco ha incontrato Imer e Semada Homerovic e ha parlato con loro. «Resistete», li ha esortati. E poi ha denunciato «la xenofobia e il razzismo in aumento in alcune zone della città. Il populismo cresce – ha detto poi Bergoglio durante l’incontro in basilica – e semina la paura». «Con tale gesto – ha precisato la sala stampa vaticana – il papa ha voluto esprimere vicinanza e solidarietà a questa famiglia e la più netta condanna di ogni forma di odio e violenza». Il giorno prima la Caritas di Roma aveva emesso un duro comunicato contro i fascisti di Casa Pound, senza nominarli. «Da tre giorni una famiglia rom con dieci bambini è in ostaggio di un gruppo di estremisti che sfruttano la sofferenza per seminare odio. Una situazione che non è tollerabile». E aveva invitato «le autorità a intervenire nei modi più opportuni per sostenere il percorso di integrazione di questa e di molte altre famiglie ed evitare che si ripetano ancora una volta episodi del genere». Alla vicenda di Casal Bruciato papa Francesco ha fatto riferimento anche in mattinata, quando in Vaticano ha presieduto un incontro di preghiera promosso dalla Fondazione Migrantes al quale hanno partecipato oltre cinquecento rom e sinti. Un evento programmato da tempo, che le coincidenze hanno fatto incrociare con la cronaca. «Vi sono vicino», ha detto Francesco. «E quando leggo sul giornale qualcosa di brutto, vi dico la verità, soffro. Oggi – ha aggiunto, riferendosi ai fatti di Casal Bruciato – ho letto qualcosa di brutto e soffro, perché questa non è civiltà». Quindi l’invito a non coltivare «la vendetta» e «il rancore»: «Quando viene il rancore lascia perdere, poi la storia ci farà giustizia». Tanto più, ha proseguito, che «in Italia ci sono organizzazioni che sono maestre di vendetta. Voi mi capite bene, no? Un gruppo di gente che è capace di creare la vendetta, di vivere nell’omertà: questo è un gruppo di gente delinquente».

È LA SECONDA VOLTA CHE ROM e sinti entrano in Vaticano, ricevuti da un pontefice. La prima era stata l’11 giugno 2011, con Benedetto XVI, che incontrò duemila rom, sinti, manuches, kale, yenish e travellers di tutta Europa, in occasione del 150.mo della nascita e del 75.mo anniversario del martirio dell’unico santo zingaro, il beato Zefirino Giménez Malla, gitano di origine spagnola ucciso durante la guerra civile franchista. Prima solo Paolo VI, nel 1965, aveva incontrato un gruppo di rom a Pomezia poco prima della chiusura del Concilio Vaticano II.

DURANTE L’INCONTRO in Vaticano sono intervenute anche tre donne rom, Dzemila, Miriana e Negiba, che vivono nelle periferie di Roma. «Alcune di noi abitano in appartamenti in affitto, in case popolari, altre ancora in quelli che vengono chiamati campi nomadi che altro non sono che delle baraccopoli, dei ghetti dove, su base etnica, le nostre famiglie sono segregate dalle istituzioni comunali», hanno spiegato le donne, raccontando le difficoltà quotidiane dell’accesso ai servizi sanitari, scolastici e amministrativi, decisamente peggiorate da «politiche discriminatorie» e dalle «recenti norme, varate da chi è chiamato a governare», che rendono più difficile la regolarizzazione di molte nostre famiglie, facendo cadere nell’invisibilità nuclei familiari che, anche se di origine straniera, vivono da decenni nel nostro Paese». Eppure, hanno concluso, «sogniamo per l’Italia un risveglio di umanità. Un’Italia che abbracci le differenze, che si consideri fortunata per tutte le differenze e le culture che la compongono». «È Vero, ci sono cittadini di seconda classe», ha aggiunto Francesco. «Ma i veri cittadini di seconda classe sono quelli che scartano la gente: questi sono di seconda classe, perché non sanno abbracciare, buttano fuori, scartano, e vivono scartando, vivono con la scopa in mano buttando fuori gli altri. Invece la vera strada è quella della fratellanza».