Oltre 213 milioni di over 18 nell’Ue a ieri risultavano completamente vaccinati (il 54,7% della popolazione) mentre il tasso di chi ha ricevuto la prima dose è del 67,8%. In Italia ieri pomeriggio erano 63.514.827 le dosi somministrate, 28.718.571 le persone che hanno completato il ciclo vaccinale (53,17% degli over 12). La variante Delta però corre e la mappa del rischio stilata dal Centro europeo per il controllo delle malattie ha già registrato il cambio di passo. In Italia dal verde (la nostra zona bianca) sono finiti in giallo Veneto, Lazio, Sicilia e Sardegna.

Del resto se i parametri per il cambio di colore non fossero stati modificati ieri dal governo, con il decreto Covid varato in serata, anche la mappa italiana li avrebbe messi in giallo a partire da lunedì. Nel resto d’Europa il rischio è anche più alto. In Spagna vanno in rosso scuro Baleari, Valencia, Aragona, Cantabria e le Asturie, che si aggiungono alla Castilla y Leon, Catalogna e Navarra. In Grecia è rosso scuro Creta, la gran parte delle isole più frequentate sono rosse. Cipro resta rosso scuro, Bruxelles e Malta in rosso.

I NUOVI CASI IN ITALIA ieri sono stati 5.057: per la prima volta da due mesi è stata superata quota 5mila. Sette giorni fa erano 2.455, meno della metà. I test effettuati sono stati 219.778, il tasso di positività è salito al 2,3%. I decessi sono stati 15. Stabili le terapie intensive, ferme a 158 posti occupati; i ricoveri ordinari sono saliti di 38 unità, 1.234 in totale; 53.474 le persone in isolamento a casa. La regione con più casi è stata il Veneto (819) seguita da Lazio (792), Sicilia (520), Lombardia (513) e Toscana (505).

L’età mediana di chi contrae il virus nel Lazio è di 23 anni, sotto accusa gli assembramenti di tifosi di calcio. I contagi rilevati ieri a Roma sono stati 519, il cluster che si è sviluppato nel pub di Monteverde dopo Italia – Belgio ha visto salire ancora gli infetti a 128. Mercoledì sera nuovo caso: maxi raduno in piazza del Popolo per il compleanno della Roma. «Ogni assembramento è benzina nel motore del virus» il commento dell’assessore alla Sanità, Alessio D’Amato.

IL MONITORAGGIO della fondazione Gimbe certifica la crescita dei casi: nella settimana dal 14 al 20 luglio, rispetto alla precedente, c’è stato un incremento del 115,7% (19.390 contro 8.989) mentre si registra un calo dei decessi (76 contro 104). Dopo oltre tre mesi in discesa, c’è stata un’inversione di tendenza rispetto ai casi attualmente positivi (49.310 contro 40.649), alle persone in isolamento domiciliare (47.951 rispetto a 39.364), ai ricoveri con sintomi (1.194 contro 1.128) e alle terapie intensive (165 invece di 157). Spiega Nino Cartabellotta, presidente Gimbe: «Netto incremento settimanale dei casi, verosimilmente sottostimato da un’attività di testing insufficiente e dal mancato tracciamento».

AL 21 LUGLIO sono state consegnate 66.462.630 di dosi di vaccino: dopo il picco del 28 giugno-4 luglio (5.669.727), nelle due settimane successive le forniture settimanali si sono attestate intorno a 2,6 milioni con una media di 549.282 inoculazioni al giorno. «Il numero di somministrazioni giornaliere – commenta Cartabellotta – non decolla per il mancato utilizzo dei vaccini a vettore virale e la limitata disponibilità di quelli a mRna. Astrazeneca non viene più somministrato per le prime dosi; le somministrazioni di J&J sono sporadiche (nell’ultima settimana in media 3 mila al giorno). Non disponiamo di un numero di dosi di vaccini a mRna sufficiente ad ampliare la platea». Continua a calare la percentuale di prime dosi sul totale: da oltre 2,9 milioni del 7-13 giugno (74% del totale) a 583mila del 12-18 luglio (15%). Continuano a preoccupare i quasi 4 milioni di over 60 a rischio malattia grave perché non coperti dalla doppia dose, 2,15 milioni non hanno ricevuto nemmeno la prima.

RISPETTO ALLE NUOVE REGOLE per i cambi di colore, Gimbe sottolinea: «Affidare un peso eccessivo (o esclusivo) agli indicatori ospedalieri fa perdere di vista la circolazione del virus; è meno tempestivo in quanto la curva delle ospedalizzazioni segue con ritardo quella dei casi; l’introduzione di eventuali provvedimenti restrittivi sarebbe tardiva». Per concludere: «Se il governo intende abbandonare il parametro dei contagi, servono soglie molto basse per gli indicatori ospedalieri: il 5% per le terapie intensive e il 10% per l’area medica per rimanere in zona bianca. Se si innalzano le soglie, bisogna mantenere tra i parametri il numero dei casi per 100mila abitanti, aumentando l’incidenza settimanale sopra i 50 casi per conservare la zona bianca e definendo un numero standard di tamponi da fare».