Il dato è eloquente: per la prima volta dall’anno accademico 2008/2009 il numero degli studenti universitari è sceso. La ragione è semplice: da una parte, l’aumento vertiginoso delle tasse universitarie, che nel caso dei master sono più che raddoppiate; dall’altra un taglio netto alle borse di studio, che con la riforma dell’istruzione voluta dal Pp diventano meno sostanziose e di più difficile accesso. I requisiti accademici per beneficiarne sono stati inaspriti, così come quelli economici: per ottenere la borsa più alta (circa 3 mila euro l’anno), una famiglia di 3 componenti non deve superare 11.143 euro di reddito annuale. Una pioggia di tagli contro cui, ieri, sono scesi in piazza migliaia di studenti, professori, e genitori di alunni con l’appoggio dei sindacati: tutti uniti (ed è la seconda volta da quando governa Rajoy) contro la Lomce, la legge firmata dal ministro dell’istruzione José Ignacio Wert, già passata alla camera con i soli voti del Pp e in vigore, probabilmente, da dicembre.

Oltre ai tagli, la riforma infliggerà alla scuola una soffocante stretta ideologica: l’autonomia regionale in materia educativa e linguistica sarà fortemente ridimensionata, saranno introdotti percorsi formativi differenziati a seconda del rendimento degli alunni e le scuole riceveranno finanziamenti in base all’efficienza, secondo un criterio aziendale che il ministro Wert vorrebbe applicare all’istruzione: «I nostri figli si stanno trasformando in clienti di una rete educativa sempre più privatizzata, che subordina il futuro dei ragazzi alle possibilità economiche delle loro famiglie», ha commentato José Luis Pazos, portavoce dell’associazione nazionale dei genitori (Ceapa), anch’essa presente nel grande sciopero di ieri che ha svuotato le aule delle scuole pubbliche (facendo registrare assenze anche nelle private) e ha riempito le strade delle principali città del paese.

Lo scopo dichiarato della legge sarebbe quello di combattere l’abbandono scolastico, che in Spagna è una vera piaga che otto riforme del sistema educativo dal 1970 non sono riuscite a curare: uno studente iberico ogni quattro abbandona i banchi di scuola prima del diploma. E non sempre per volontà propria. 15 mila studenti in tutto il paese hanno ricevuto dai rispettivi atenei un avviso di espulsione per non aver pagato regolarmente le tasse. Secondo le stime del Sinidicato de estudiantes, solo a Madrid circa 7 mila studenti sarebbero a rischio di esclusione per ragioni economiche. Uno di questi è Alejandro Hurtado, madre disoccupata, padre tassista, residente nel popolare quartiere di Vallecas. Si è diplomato con ottimi voti e ora guadagna 250 euro al mese in nero facendo traslochi. Vorrebbe iscriversi a storia, «però il reddito della nostra famiglia è troppo basso per far fronte all’iscrizione e troppo alto per ricevere una borsa». La regione di Madrid è, infatti, una di quelle che più hanno elevato i costi dell’educazione universitaria, aumentati del 65% in due anni.

«Ho 22 anni – racconta Alejandro – e faccio parte della generazione perduta, falcidiata dalla disoccupazione», che in questa fascia d’età è del 56%. «Vorrei studiare, ma me lo impediscono». Diego Parejo, all’ultimo anno di scienze politiche, la borsa l’ha avuta. «Ho potuto studiare solo grazie a essa, anche se l’ho vista assottigliarsi progressivamente: il primo anno, quando ancora governava il Psoe, copriva le tasse, i trasporti e i libri; poi solo le tasse, e quest’anno me l’hanno tolta del tutto. Stringeremo i denti per arrivare alla laurea, ma il master non so se riuscirò a pagarmelo. Vogliono tenerci fuori dalle università. Non vogliono che i figli delle classi basse crescano socialmente».

Chi può, prova a resistere. In molti fanno qualche lavoretto, ma cercando di non perdere la borsa e di restare con un lavoro da poche centinaia di euro al mese, «che è quello che vuole il governo», spiega Álvaro Alonso, segretario provinciale di Cadice del Sinidcato de Estudantes. «Il tracollo è avvenuto in pochi anni con il governo del Pp», continua. «Io, per esempio, pur avendo entrambi i genitori disoccupati da anni, sono riuscito a prendere la laurea in giornalismo grazie agli aiuti statali: 6 mila euro all’anno con cui, sebbene a fatica, sono riuscito a pagare tutto». Suo fratello dovrebbe iniziare l’università l’anno prossimo, ma dovrà rinunciarci: «Con 3 mila euro all’anno, che è la borsa massima a cui può aspirare con questa legge, non è proprio possibile».