La Chiesa italiana scenderà in piazza il prossimo 10 maggio, insieme a papa Francesco, per difendere la scuola cattolica. Ovvero per chiedere a parlamento e governo di allentare i cordoni della borsa ed elargire nuovi e più cospicui finanziamenti alle scuole paritarie gestite dagli istituti religiosi.

L’annuncio lo ha dato direttamente il presidente della Conferenza episcopale, cardinale Bagnasco, aprendo ieri a Roma la riunione del Consiglio permanente della Cei. «Non possiamo non rilevare ancora una volta la grave discriminazione per cui, nel nostro Paese, da un lato si riconosce la libertà educativa dei genitori, e dall’altro la si nega nei fatti, costringendoli ad affrontare pesi economici supplementari», ha detto Bagnasco, riferendosi alle rette salate che le famiglie pagano per mandare i propri figli in una scuola cattolica (che comunque, grazie alla legge di stabilità approvata dal governo Letta-Alfano, nel 2014 attingeranno ampiamente ai 494 milioni di euro stanziati per le scuole paritarie, sia cattoliche che laiche). «Chiudere delle scuole cattoliche – ha proseguito il cardinale, utilizzando uno degli argomenti maggiormente battuti -, rappresenta un documentato aggravio sul bilancio dello Stato, un irrimediabile impoverimento della società e della cultura, e viene meno un necessario servizio alle famiglie». Quindi, annuncia, «i vescovi hanno promosso un evento pubblico per sabato 10 maggio in piazza San Pietro, al quale il santo padre Francesco ha dato non solo la sua approvazione, ma ha assicurato la sua personale presenza».

Alla famiglia, l’altro tema sempre presente nelle prolusioni di Bagnasco – sebbene questa sia stata più breve delle altre e maggiormente influenzata dai toni “francescani” (di Bergoglio) -, è dedicato il passaggio finale: «La famiglia deve essere sostenuta da politiche più incisive ed efficaci anche in ordine alla natalità, difesa da tentativi di indebolimento (vedi il dibattito sulle unioni civili, sia etero che omosessuali, ndr) e promossa sul piano culturale e mediatico senza discriminazioni ideologiche».

In mezzo il presidente della Cei ha affrontato una serie di questioni sociali, sebbene solo per titoli: l’accoglienza dei migranti, il «mercato selvaggio» che strangola «i senza volto», la corruzione, l’emergenza lavoro soprattutto per i giovani, il dramma della povertà, «la situazione insostenibile delle carceri italiane», la solidarietà nei confronti dei «fratelli ebrei» con la condanna dei recenti «episodi di intolleranza e di provocazione» (le teste di maiale inviate alla sinagoga di Roma).

Da oggi i lavori del parlamentino dei vescovi entrano nel vivo. All’ordine del giorno la possibile modifica dello statuto affinché il presidente della Cei non sia più scelto dal papa – l’Italia è un caso unico al mondo – ma eletto dai vescovi, come avviene negli altri paesi e come vorrebbe Bergoglio (ma pare che diversi vescovi siano piuttosto freddi sulla proposta); la «cura dimagrante» delle 226 diocesi italiane, anche questa chiesta dal papa; le linee guida antipedofilia.